martedì 30 giugno 2009

Cabaret

In Italia il cabaret conquista una relativa notorietà, anche televisiva, quando sbarca a Roma, ma il suo luogo d'origine è Milano con locali famosi come il Santa Tecla, il Derby, il Nebbia club dove passarono, coi loro testi più irriverenti, Gaber, Jannacci; Maria Monti, Paolo Poli, Valter Valdi, Cochi e Renato e i Gufi:

* Roberto Brivio (Milano, 1938) - Chitarra,fisarmonica e voce.
* Gianni Magni (Milano, 1941 - Milano, 1992) - Voce.
* Lino Patruno (Crotone, 1935) - Chitarra, banjo, contrabbasso, voce.
* Nanni Svampa (Milano, 28 febbraio 1938) - Chitarra, pianoforte e voce.

Ovviamente la censura tagliava senza pietà e bisognerà aspettare il 1975 per vedere riconosciuto al genere la dignità di "spettacolo teatrale" esente da censura fin dal 1962 (Dario Fo, docet).

Hippy

Riportiamo integralmente l'introduzione alla voce omonima di Wikipedia (link del titolo, che ci sembra calzante:

La cultura Hippy (scritto anche Hippie) era in origine un movimento giovanile che ha avuto inizio negli Stati Uniti nel corso degli anni sessanta e si è diffuso in tutto il mondo. La parola Hippy deriva dal temine hipster, ed era stato inizialmente utilizzato per descrivere i beatnik che si erano trasferiti nel distretto di Haight-Ashbury di San Francisco. Queste persone avevano ereditato i valori controculturali della Beat generation, e avevano creato proprie comunità che ascoltavano rock psichedelico e abbracciavano la rivoluzione sessuale e l'uso di stupefacenti come gli allucinogeni LSD e la cannabis, al fine di esplorare stati della coscienza alternativi.

Secondo La Concord Desk Enciclopedya di Time il termine deriva da Youth International Pary (YIP).

Nel 1967 lo Human Be-In, un raduno giovanile tenutosi a San Francisco, rese popolare la cultura hippie, preparando il terreno per la leggendaria Summer of Love, sulla costa occidentale degli Stati Uniti, e il Festival di Woodstock nel 1969, sulla costa est. La rivoluzione si espanse a macchia d'olio per tutto il globo, facendo creare in quasi ogni nazione una propria versione del movimento controculturale; in Messico, gli jipitecas dettero origine a La Onda Chicana e si riunirono a "Avàndaro", mentre in Nuova Zelanda, nomadi housetruckers praticarono stili di vita alternativi e promossero il culto dell'energia sostenibile di Nambassa. Nel Regno Unito, gruppi nomadi uniti nelle "carovane di pace" facevano pellegrinaggi estivi ai festival di musica libera a Stonehenge.

La moda e i valori hippy hanno avuto un notevole impatto sulla cultura, influenzando musica popolare, la televisione, il cinema, la letteratura, e l'arte. Dal 1960 molti aspetti della cultura hippy sono diventati di comune dominio. La diversità culturale e religiosa abbracciata dagli hippy ha guadagnato un'ampia accoglienza, e la filosofia orientale e l'elemento spirituale hanno raggiunto un vasto pubblico. L'eredità hippy può essere osservata nella cultura contemporanea in una miriade di forme - dalla salute alimentare, ai festival di musica, ai costumi sessuali contemporanei - ed ha influenzato anche la rivoluzione del cyberspazio.


L'industria della moda, della musica, del cinema, dell'arte diffuse commercializzandole le idee del movimento e ne decretò la fine.

Bibliografia: Fernanda Pivano Beats, Hippye, Yippies, Bompiani 1972

Una disperata protesta


Alla vigilia del festival (gennaio 1967) vari amici, tra cui Nanni Ricordi e Michele Maisano, cercano di dissuaderlo: ma Tenco è ormai in gioco. Forse non sa come fare; forse un po', in fondo, ci tiene. Sta di fatto che Fegatelli riporta una sua dichiarazione che lo stesso biografo definisce come una sorta di testamento, e che è comunque l'espressione dei suoi sentimenti: "Io ho sempre imboccato la strada sbagliata. Sbagliai quando mi illusi di diventare ingegnere e a casa mia non c'era una lira, sbagliai quando mi misi a scrivere canzoni e quando mi illusi di fare un mestiere. Ho sbagliato pure adesso a venire a Sanremo, anche se mi ci hanno voluto loro, perché io non ho fatto una mossa per venirci, e magari non ci fossi venuto mai".
Luigi prende alloggio all'Hotel Savoy di Sanremo (l'albergo oggi non esiste più, è stato chiuso una ventina d'anni fa). Occupa la camera 219, nella dependence, una stanza collocata nel seminterrato... Era arrivato a Sanremo in treno, da Roma, via Milano (dove era giunto in aereo) e Genova. La sua auto, una Giulia verde, è rimasta a Roma. Tenco telefona alla Rca e prega qualcuno di portargliela a Sanremo, in modo da poter rientrare a casa, a Recco, al termine della manifestazione. L'auto viene portata a Sanremo dal discografico Paolo Dossena che nota nel cruscotto dell'auto, una pistola. Le pistole( perchè a dire la verità Luigi ne acquistò due, una Walther Ppk e un'Astra ) erano state acquistate dallo stesso Tenco nel novembre '66 per difesa personale: Luigi aveva confidato al fratello Valentino di aver subito delle minacce di morte e infatti DUE GIORNI PRIMA DI MORIRE anche a Paolo Dossena che gli chiede conto della pistola ritrovata da lui nel cruscotto Luigi confermerà: "Mi hanno minacciato di morte e con questa mi sento piu' sicuro".
"La vigilia del festival scorre tra i consueti rituali. Raffiche di fotografie scattate qua e là accanto alla celebre partner, interviste. Quattro chiacchiere con gli ammiratori e qualche autografo" [Par. p. 138]. Ma alla sera, quando arriva il suo turno, Mike Buongiorno deve spingerlo in scena. Prima di mettere piede sul palco Luigi dice a Mike Bongiorno: "Vado fuori, canto e poi ho chiuso con la musica leggera", frase compresa erroneamente da tutti perchè Luigi non si stava riferendo al suicidio ma AL RITIRO DALLE SCENE MUSICALI !!!
Ciao amore ciao si classifica al dodicesimo posto, con soli 38 voti dei 900 disponibili. Il verdetto potrebbe essere neutralizzato dalla commissione di ripescaggio presieduta dal giornalista Ugo Zatterin, direttore del Radiocorriere Tv, il quale, forte della sua posizione, spinge per La rivoluzione, uno squallido brano interpretato da Gianni Pettenati. Il giornalista Lello Bersani e il regista Lino Procacci, membri della commissione, si dimettono indignati.

Prima di morire Luigi scrive il celebre biglietto, che poi verrà letto come un duro atto d'accusa contro la spietata macchina del festival" [Par. pp., 146-147] anche se ULTIMAMENTE sono stati "intercettati" su quel foglio DEI CALCHI DI PAROLA che ci fanno comprendere "con ritardo" ma meglio tardi che mai che quella lettera spacciata per lettera d'addio, in verità era l'ultima pagina di una lettera di denuncia dove Luigi Tenco oltre a denunciare le combines del festival ( pagine precedenti mancanti ), annunciava il suo ritiro dalle scene musicali NON PERCHE' STANCO DELLA VITA ( TUTT'ALTRO ) ma come atto di protesta.Ecco il testo:

Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente 5 anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt'altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno.
Ciao. Luigi.

giovedì 25 giugno 2009

Transatlantici



Il famoso architetto Gio Ponti sottolinea in un suo scritto che “una nave italiana è un pezzo d’Italia, essa deve rappresentare gli aspetti superiori di maggior prestigio del gusto, della cultura, delle arti, dell’artigianato italiano” e che “il turista deve imparare l’Italia sulla nave…”

Augustus e Giulio Cesare, Andrea Doria, Cristoforo Colombo e Leonardo da Vinci caratterizzano il dopoguerra con la loro esemplare carica di innovazione tecnica, ma anche di stile e di gusto.

Nel solco di questa tendenza, la Michelangelo e la Raffaello, ormai alla metà degli anni sessanta, ripropongono una vetrina del design e dell’arte italiana contemporanea.



Seppur gemelle anche nella suddivisione degli spazi abitativi, l’allestimento degli ambienti, affidato a distinti gruppi di architetti, conferì a ciascuna un proprio carattere.

Delle due, la Michelangelo era quella che più guardava alle navi precedenti anche perché l’allestimento era stato affidato ad architetti che avevano già operato sulla Cristoforo Colombo e sulla Leonardo da Vinci (Pulitzer, Luccichenti, Monaco e Zoncada solo per citarne alcuni). Ed anche se questa convenzionalità ha fatto storcere il naso ad alcuni critici di allora, non possiamo tralasciare alcuni ambienti veramente degni di nota come il grande complesso dei saloni di prima classe caratterizzati dalla mano inconfondibile di Nino Zoncada.

Sulla Raffaello l’allestimento degli ambienti, molto più avveniristico rispetto alle convenzionalità della gemella, è affidato prevalentemente ad architetti triestini e romani alcuni dei quali esordienti nel settore degli allestimenti navali (come Michele Busiri Vici).

Sul ponte Vestiboli si trovano alcuni ambienti che illustrano molto bene il carattere inedito delle soluzioni formali e compositive adottate sulla Raffaello: il luminoso vestibolo di prima classe ed il contiguo salone da pranzo.



Senza la pedanteria e monotonia di una collezione o di una mostra, gli artisti e gli architetti inserirono ovunque opere d’arte. Nei vestiboli, lungo gli scaloni, nei saloni oppure nei ristoranti finanche nei corridoi e nelle cabine di lusso trovano dimora le opere dei più importanti artisti italiani del momento come Capogrossi, Ridolfi, Turcato, Spacal, Severini, Fiume, Mascherini ed il genovese Luzzati.

Questi sono soltanto alcuni dei grandi nomi che realizzarono opere d’arte per le “supergemelle del mare” e che possiamo ritrovare elencati sui cataloghi dei più importanti musei e rassegne d’arte italiane ed internazionali.

Per il passeggero che godeva della visione di una così vasta e qualificata serie di dipinti, sculture ed elementi decorativi, il viaggio su uno di questi transatlantici poteva essere paragonato alla stregua di un viaggio virtuale in Italia.


fonte:http://www.michelangelo-raffaello.com/italian_site/it/it.htm

lunedì 22 giugno 2009

Avere o essere?



Meroni ascolta i Beatles e la musica jazz, dipinge quadri legge libri e scrive poesie. Convive nella "mansarda di Piazza Vittorio" insieme a Cristiana, la "bella tra le belle" dei Luna Park della quale si innamorò follemente tanto da presentarsi al matrimonio imposto dai genitori di lei per cercare di fermare la cerimonia.
"Mister mezzo miliardo". Così lo chiamano i giornalisti quando il giovane Agnelli cerca di portare l'ennesimo campione alla Juventus sborsando una cifra per quei tempi era impensabile. Ma una vera e propria rivolta dei tifosi del Toro impedisce il suo trasferimento. I giovani tifosi si identificavano in Meroni, il loro "calimero" (soprannome che non ha mai amato) per via dei capelli lunghi e dei basettoni, un esempio da seguire in campo e nella vita degli anni che precedono il '68.
Quando Edmondo Fabbri lo chiama in nazionale gli impone la condizione di tagliarsi i capelli. Lui che disegna i vestiti che indossa sui modelli di quelli dei Beatles, che passeggia per Como portando al guinzaglio una gallina, che si traveste da giornalista e chiede alla gente cosa pensa di Meroni, la giovane ala destra del Torino, e ride se la risposta è che non lo conoscono, non avrebbe potuto rinnegare il suo ego e rifiuta la convocazione.

domenica 21 giugno 2009

Rivolte, rivoluzioni, colpi di stato

Il 1967 è un anno decisamente agitato sullo scacchiere internazionale: sotto la presidenza Johnson (che incontra il Papa per Natale) continuano i bombardamenti sul Vietnam del Nord; a giugno in 6 giorni Moshe Dayan sconfigge l'Egitto e occupa la Palestina; in Grecia un colpo di stato porta al potere i colonnelli (ci rimarranno fino al 1974); anche in Italia si parla di tentato golpe ad opera del SIFAR comandato dal generale De Lorenzo;
il Biafra (regione della Nigeria) diventa tristemente famoso per le immagini dei civili morti di fame nel corso di una non ancora chiarita guerra di secessione/indipendenza; in Cina la rivoluzione culturale del presidente Mao sembra articolarsi in lotte di potere tra i vertici e la base del partito; muore il 7 ottobre, in Bolivia, Ernesto Guevara (argentino di nascita= Che) e con lui le speranze di una rivoluzione in America Latina.

Et moi, et moi, et moi di Jacques Dutronc



Settecento milioni di cinesi (1)
Ed io, ed io, ed io
Con la mia vita, la mia piccola casa
Il mio mal di testa, il mio mal di fegato
Più ci penso e più non ci faccio caso
E’ la vita, è la vita

Ottanta milioni di indonesiani (2)
Ed io, ed io, ed io
Con la mia macchina e il mio cane
Il suo Canigou quando abbaia
Più ci penso e più non ci faccio caso
E’ la vita, è la vita

Tre o quattrocento milioni di neri (3)
Ed io, ed io, ed io
Che vado ad abbronzarmi
(e) alla sauna a perdere peso
Più ci penso e più non ci faccio caso
E’ la vita, è la vita

Trecento milioni di sovietici (4)
Ed io, ed io, ed io
Con la mie manie e i miei tic
Nel mio piccolo letto di piume d'oca
Più ci penso e più non ci faccio caso
E’ la vita, è la vita

Cinquanta milioni di persone imperfette (5)
Ed io, ed io, ed io
Che guardo Catherine Langeais
sul televisore di casa
Più ci penso e più non ci faccio caso
E’ la vita, è la vita

Novecento milioni muoiono di fame (6)
Ed io, ed io, ed io
Con la mia dieta vegetariana
E tutto il whisky che mando giù
Più ci penso e più non ci faccio caso
E’ la vita, è la vita

Cinquecento milioni di sudamericani (7)
Ed io, ed io, ed io
Sono nudo nel mio bagno
Con una ragazza che mi pulisce
Più ci penso e più non ci faccio caso
E’ la vita, è la vita

Cinquanta milioni di vietnamiti (8)
Ed io, ed io, ed io
Domenica, nella caccia ai conigli
Con il mio fucile, io sono il re
Più ci penso e più non ci faccio caso
E’ la vita, è la vita

Cinquecento miliardi di piccoli marziani (9)
Ed io, ed io, ed io
Come uno stupido di parigino
Aspetto il mio stipendio a fine mese
Più ci penso e più non ci faccio caso
E’ la vita, è la vita

Più ci penso e più non ci faccio caso
E’ la vita, è la vita

Populorum progressio

Il 26 marzo 1967, Paolo VI pubblica l'enciclica "sociale" in cui denuncia le disparità economiche lasciate dal colonialismo e indica la
Visione cristiana dello sviluppo

14. Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere sviluppo autentico, dev'essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo. Com'è stato giustamente sottolineato da un eminente esperto: «noi non accettiamo di separare l'economico dall'umano, lo sviluppo dalla civiltà dove si inserisce. Ciò che conta per noi è l'uomo, ogni uomo, ogni gruppo d'uomini, fino a comprendere l'umanità intera...19. Avere di più, per i popoli come per le persone, non è dunque lo scopo ultimo. Ogni crescita è ambivalente. Necessaria onde permettere all'uomo di essere più uomo, essa lo rinserra come in una prigione, quando diventa il bene supremo che impedisce di guardare oltre. Allora i cuori s'induriscono e gli spiriti si chiudono, gli uomini non s'incontrano più per amicizia, ma spinti dall'interesse, il quale ha buon giuoco nel metterli gli uni contro gli altri e nel disunirli. La ricerca esclusiva dell'avere diventa così un ostacolo alla crescita dell'essere e si oppone alla sua vera grandezza: per le nazioni come per le persone, l'avarizia è la forma più evidente del sottosviluppo morale. ...È come dire che la proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario. In una parola, «il diritto di proprietà non deve mai esercitarsi a detrimento dell'utilità comune, secondo la dottrina tradizionale dei padri della chiesa e dei grandi teologi». Ove intervenga un conflitto «tra diritti privati acquisiti ed esigenze comunitarie primordiali», spetta ai poteri pubblici «adoperarsi a risolverlo, con l'attiva partecipazione delle persone e dei gruppi sociali


Rimandando al link del titolo per il testo integrale, crediamo comunque di avere sottolineato a sufficienza la portata "rivoluzionaria" di questo testo, pienamente recepita all'epoca, ma poi rimasto lettera morta nei fatti: è di questi giorni la notizia che i morti per fame avrebbero raggiunto e superato il miliardo e la concentrazione delle ricchezze in sempre meno mani è l'esatto opposto di quanto auspicato nell'enciclica.

lunedì 15 giugno 2009

La svolta

Nonostante la fine del concilio vaticano secondo avesse introdotto "ammodernamenti" al rito liturgico (messa beat) , sulla spinta delle istanze sociali che provenivano dal mondo, specialmente studentesco (rivolte a Berkeley nel 1964, i provos in Olanda), in Italia il sesso faceva ancora scandalo presso i "benpensanti", come dimostra la vicenda del giornale studentesco "La Zanzara", uscito nel febbraio 1966 con una inchiesta che divenne subito un caso.
Al link del titolo trovate la cronaca e il testo dell'inchiesta lo trovate qui, nel sito del Liceo Parini di Milano.
Il presidente del tribunale concluse con un invito ai ragazzi a non montarsi la testa, comunque pare che i tre ebbero tutti una buona riuscita professionale, anche se a quei tempi non si cercava lo scandalo per avere una facile popolarità e i relativi benefici.

Semmai, di lì a poco, questi studenti o i loro compagni, arrivati all'Università, avrebbero fondato il movimento studentesco...

Per avere un'idea di come in dieci anni si sia evoluto il costume, potete seguire il link:
sexyrama che presenta una selezione di copertine di periodici italiani dal 1960 al 1969, tratte da un ben più corposo volume a cura di Roberto Baldazzini



La bicicletta bianca che si vede nella foto è un richiamo al movimento dei provos e fu ripresa in una canzone portata al successo da Caterina Caselli, ma scritta da Francesco Guccini, Le biciclette bianche (1967)

Largo ai giovani

Non si sa se la musica sia stata causa o effetto del crearsi di un "movimento" giovanile, ma sicuramente lo ha accompagnato: si è già detto dell'importanza del 45 giri nella individuazione di una categoria (I ragazzi del juke box), poi gradatamente anche i media tradizionali (la radio prima della televisione) cominciano a recepire il fenomeno e trasmissioni come "Bandiera gialla" cominciano ad essere un veicolo promozionale di cantanti e complessi nostrani che però, almeno all'inizio, si ispirano a un repertorio quasi esclusivamente anglosassone.
Per fare un esempio citiamo un paio di casi, non esemplari perché praticamente unici, ma significativi di una svolta che si verifica a meta circa degli anni '60.

Il primo caso è quello dei Nomadi:

Nel 1961 il tastierista Beppe Carletti fonda insieme al batterista Leonardo Manfredini il gruppo musicale de "I Monelli". L'anno seguente Carletti conosce Franco Midili, un chitarrista di Novellara che si unisce al nucleo dei Monelli. Nello stesso periodo viene completato l'organico con l'arrivo del sassofonista Gualberto Gelmini e del bassista Antonio Campari. Nel 1963 Midili presenta a Beppe Carletti il cantante Augusto Daolio che viene inserito subito come voce del gruppo.

In quell'anno il nome Monelli viene modificato in "I Sei Nomadi" per poi diventare successivamente nel 1964 "I Nomadi", in seguito all'abbandono di Gelmini e Campari e all'ingresso del bassista Gianni Coron e del batterista Gabriele Coppellini.

I Nomadi esordiscono in uno dei periodi più fervidi del panorama musicale italiano, gli anni sessanta; in quegli anni nascevano e scomparivano decine di gruppi, accomunati dall'atmosfera del dopo-boom che scopriva un'Italia arricchita economicamente, ma allo stesso tempo impoverita socialmente, nella quale i giovani iniziavano a sentirsi strozzati da un sociale ancora intriso di convenzioni antiquate.

La prima formazione ufficiale del gruppo è composta da Augusto Daolio (voce), Beppe Carletti (tastiere), Franco Midili (chitarra), Leonardo Manfredini (batteria), Gualberto Gelmini (sax), Antonio Campari (basso).

Sempre nel 1963 i Nomadi vennero scritturati dal Frankfurt Bar di Riccione. Dopo poche esibizioni Franco Midili dovette lasciare il gruppo per adempiere al servizio di leva, seguito poi nel 1964 da Manfredini che lasciò la band a causa della scomparsa dei genitori.

I Nomadi di Augusto Daolio (1965-1992)

Nel 1965 i Nomadi pubblicano il loro primo 45 giri, contenente le canzoni Donna, la prima donna (cover dell'omonimo brano di Dion & The Belmonts, con testo di Mogol) e Giorni tristi (composta dai Nomadi, ma firmata Mozzarini - Verona). La distribuzione del disco viene effettuata a singhiozzo e limitatamente al solo nord Italia; il disco vende pochissime copie, ma ciò non impedisce al complesso di entrare nuovamente in sala d'incisione.

Nel 1966 il gruppo riscuote il suo primo successo con la traccia Come potete giudicar, cover di The Revolution Kind di Sonny Bono e Cher, inno al beat, narrante di capelloni e benpensanti. Sulla scia di questo successo, Odoardo "Dodo" Veroli, produttore della band, affida il gruppo ad un giovane ed ancora sconosciuto autore, Francesco Guccini, che avrebbe regalato al gruppo alcuni dei maggiori successi della loro lunghissima carriera come Noi non ci saremo[1], Dio è morto, Per fare un uomo e Canzone per un'amica. Dalla collaborazione con questo autore nasce sempre in quello stesso anno il 45 giri Noi non ci saremo/Un riparo per noi. Mogol presentò un giorno ai Nomadi un giovane Lucio Battisti, chiedendo loro di incidere la canzone Non è Francesca, ma essi avevano già deciso di rendersi interpreti di Guccini e non se ne fece nulla.

Frutto della collaborazione con Guccini è anche il primo LP del gruppo, pubblicato nel 1967 con titolo Per quando noi non ci saremo. All'interno del disco è la traccia Dio è morto quella che più desta scalpore. Subito censurato dalla RAI per i suoi contenuti, il brano viene tranquillamente trasmesso da Radio Vaticana che ne capisce il senso e ne autorizza la riproduzione. Nello stesso anno esce anche il 45 giri Un figlio dei fiori non pensa al domani versione italiana del pezzo "Death of a clown" di Dave Davies (Kinks).


Come si vede la differenza tra le centinaia di complessini, nati e morti in una sola stagione, è quella di essere emersi grazie a due forti personalità come Guccini e Daolio e alla perseveranza di Beppe Carletti.

Ma la norma era essere usati dall'industria discografica per cover di successi stranieri che non circolavano in Italia in versione originale; a questo proposito citiamo il secondo caso che riguarda un episodio poco noto della carriera di Roberto Vecchioni.

Nato come paroliere (in abbinamento con Lo Vecchio fu autore di molte canzoni sanremesi, dovette aspettare la metà degli anni '70 e l'avvento delle prime radio libere per farsi conoscere come cantautore) nel 1966 era chitarrista e voce solista dei Pop seven ,una formazione appunto da un solo disco, la versione italiana di Barbara Ann.
Resa famosa nel 1965 dai Beach Boys, che avevano, a loro volta ripreso il brano dai Regents del 1961, una band che, nella sua formazione originale, non incise un solo disco, ma fu molto attiva a Washington nei campus universitari.
Sua è la voce solista che inizia il famoso ritornello e anche le parole della versione italiana, come al solito completamente differenti da quelle dell'originale (il che, a volte,costituiva un miglioramento...)
Ah, ba ba ba ba barbara ann
Ba ba ba ba barbara ann

Oh barbara ann, take my hand
Barbara ann
You got me rockin and a-rollin
Rockin and a-reelin
Barbara ann ba ba
Ba barbara ann

Went to a dance, lookin for romance
Saw barbara ann, so I thought Id take a chance
With barbara ann, barbara ann
Take my hand
You got me rockin and a-rollin
(oh! oh!)
Rockin and a-reelin
Barbara ann ba ba
Ba ba ba ba black sheep

Ba ba ba ba barbara ann
Ba ba ba ba barbara ann

Barbara ann, take my hand
Barbara ann
You got me rockin and a-rollin
Rockin and a-reelin
Barbara ann ba ba
Ba barbara ann

(lets go now!)
(ow!)
([...])
([...], carl.)
(hal, and his famous ashtray!)
([...])
(you smell like rocky. youre always scratchin it.)
(hey, come on!)
(scratch it, carl, scratch it, baby, right over there.
Down a little lower. down a little lower!)
(saw-- tried--)

Tried peggy sue
Tried betty lou
Tried mary lou
But I knew she wouldnt do
Barbara ann, barbara ann
Take my hand
Barbara ann
Take my hand
You got me rockin and a-rollin
Rockin and a-reelin
Barbara ann ba ba
Ba barbara ann

Ba ba ba ba barbara ann
Ba ba ba ba barbara ann
Barbara ann
Take my hand
Barbara ann
You got me rockin and a-rollin
Rockin and a-reelin
Barbara ann ba ba
Ba barbara ann

Barbara ann, barbara ann
Oh, barbara ann, barbara ann
Yeah, barbara ann, barbara ann
Barbara ann, barbara ann
You got me rockin and a-rollin
Rockin and a-reelin
Barbara ann ba ba
Ba barbara ann

(lets try that again. one more.)

You got me rockin and a-rollin
Rockin and a-reelin
Barbara ann ba ba
Ba barbara ann

(ha ha. lets try it one more time.)

You got me rockin and a-rollin
Rockin and a-reelin
Barbara ann ba ba
Ba barbara ann

(lets try it once more.)
(one more time. more artistic flavor.)

One more time
You got me rockin and a-rollin
Barbara ann
Woah
You got me rockin
You got me rollin
Oh, barbara ann

(thank you very much, folks.)
(thanks, dean.)
(yeah, its not bad.)

mercoledì 10 giugno 2009

Signore e signori



Inviso alla critica di sinistra perché "questi operai di celluloide, che, se fossero di carne ed ossa, voterebbero per i socialdemocratici e ne approverebbero le alleanze, fino all’estrema destra, non solo sembrano caricature calunniose ma mi urtano maledettamente i nervi"; in realtà Germi (cfr. La classe operaia va in Paradiso), aveva capito quello che i sessantottini sperimenteranno qualche anno più tardi...

Il mondo è piccolo

Racconta Ferruccio Alessandri che il suo primo incontro con Linus avvenne proprio nel momento in cui stavano scaricando davanti ad un'edicola di Milano il pacco col primo numero, e lui, che allora lavorava alla redazione di Gamma, pensò che gli sarebbe piaciuto realizzarla ; infatti poco tempo dopo si ritrovò a lavorare proprio a Linus!
Ma facciamo un passo indietro: cos'era Gamma?
Gamma uno anno primo volume primo, così recita per esteso la copertina, esce nell'ottobre 1965, non molto ben distribuita, ha all'inizio un modesto impatto sugli appassionati. E' molto cara, 500 lire (ovvero 2 volte e mezzo Urania) ed ha solo 112 pagine. La copertina non è molto fantascientifica e nelle edicole del tempo solo la scritta fantascienza che campeggia sulla copertina indica il genere.

Inizialmente edita dalle Edizioni Gamma di Milano, con il numero 6 passa sotto le Edizioni dello Scorpione e il prezzo scende a 400 lire, per scendere ulteriormente a 350 lire. E' una delle poche riviste che abbia diminuito il prezzo (l'altra è I romanzi di Urania).


In un'epoca di voli spaziali è inevitabile che la fantascienza suscitasse un certo interesse che era coperto editorialmente, in massima parte, dalla suddetta Urania che, nel decennio che ci interessa, è curata da Fruttero e Lucentini, i quali purtroppo, per esigenze di foliazione, non esitano a tagliare impietosamente i romanzi troppo lunghi.
Gli appassionati ricorderanno sicuramente le copertine bianche col cerchio rosso entro cui era inscritta una splendida immagine di Karel Thole.

Proprio per soddisfare i puristi e anche per un piacere personale di chi ha la ventura di collaborare a queste imprese, nascono riviste amatoriali come Gamma, ma anche come Futuro di Lino Aldani e Inisero Cremaschi o Nova di Ugo Malaguti.

La storia di quest'ultima arriva fino ai nostri giorni e si può considerare essa stessa un'avventura; nel video vedete appunto il suo fondatore (a destra) in compagnia di Giovanni Mongini, altro grande appassionato ed esperto del cinema di fantascienza, ma di questo parleremo in un altro articolo.




domenica 7 giugno 2009

Joan Baez



Chi ripercorra le tappe della carriera di Joan Baez, indipendentemente dal successo musicale, ripercorre anche la storia delle lotte per i diritti civili nel mondo di cui We shall overcome è un po' l'inno.

L'interpretazione della Baez del 1963 la rese famosa ovunque e un 45 giri uscì anche in Italia.

I pugni in tasca



titolo originale I pugni in tasca
nazione Italia
anno 1965
regia Marco Bellocchio
genere Drammatico
durata 107 min.
distribuzione International Film Company
cast L. Castel (Alessandro) • P. Pitagora (Giulia) • M. Masé (Augusto) • P. Troglio (Leone) • L. Gerace (La madre)
sceneggiatura M. Bellocchio
musiche E. Morricone
fotografia A. Marrama
montaggio S. Agosti • A. Mangiarotti

Nello stesso anno esce Per qualche dollaro in più di Sergio Leone e ha inizio il genere spaghetti-western.

sabato 6 giugno 2009

Linus



L' avvenimento culturale del 1965 è senza dubbio l'uscita in aprile del primo numero della rivista Linus fortemente voluta dal libraio Giovanni Gandini che si finanzia con i fondi ricavati dalla vendita della propria collezione di francobolli.

Lo sollecitano nell'impresa un gruppo di intellettuali e amici quali Umberto Eco, Oreste del Buono (che gli subentrerà nella direzione nel 1972), Vittorio Spinazzola , un notaio, Franco Cavallone, primo traduttore delle striscie di Schulz e Ranieri Carano in redazione.

La novità è che il fumetto esce con Linus dall'ambito dell'album per ragazzi per rivolgersi ad un pubblico adulto e colto, tanto che Gandini lo pensa per un gruppo di amici suoi e si mostra anche infastidito quando la tiratura passa dalle 15.000 copie iniziali alle 100.000; forse per questo nel 1971 Gandini cederà la sua creatura alla Rizzoli.

Nel frattempo la rivista (anche attraverso i suoi supplementi) farà conoscere in Italia i grandi autori stranieri, anche del passato, e porterà alla notorietà molti italiani: uno fra tutti il milanese Guido Crepax il cui disegno innovativo di taglio cinematografico e le storie oniriche di Valentina costituiscono una vera e propria saga.

Ricerca e sviluppo



Facendo seguito al post precedente, il caso Sottsass è emblematico di quello che è mancato all'Italia di quegli anni per compiere l'auspicato salto di qualità.

Dopo essersi laureato in architettura al politecnico di Torino nel 1939, inizia la sua attività a Milano nel 1947, dove ha sede il suo primo studio di design, che sarà il campo d'attività principale a partire dal 1958, contribuendo all'affermazione internazionale dell'Italian style.

Proprio in quell'anno inizia la sua collaborazione con Olivetti, dove è responsabile del settore "computer design". In circa trent'anni progetta per l'azienda di Ivrea numerosi oggetti tra cui la calcolatrice Logos 27 (1963), le macchine da scrivere Praxis 48 (1964), la celeberrima Valentina (con Perry King) e il sistema per ufficio Synthesis (1973).

Il progetto più importante è il computer Mainframe Elea 9003 (1959), grazie al quale vinse il Compasso D'Oro nel 1959.

È soprattutto nella progettazione dei mobili che la forza innovativa dell’ingegno di Sottsass non conosce ostacoli, facendo dell’architetto una figura centrale del design internazionale.

In anticipo sugli anni della contestazione, egli aveva indicato il design come strumento di critica sociale, aprendo la via alla grande stagione del radical design (1966 - 1972) e all’affermazione della necessità di una nuova estetica: più etica, sociale, politica. (corsivo nostro)

Deluso da un’industria sempre più vorace, Sottsass programma l’unione delle coeve suggestioni avanguardiste, Pop, poveriste e concettuali, con l’idea di un design "rasserenante", sostenitore di un consumismo alternativo a quello imposto dalla "società della pubblicità".


Come si vede le premesse c'erano tutte e gli anni successivi (della c.d. contestazione) richiederanno a gran voce più spazio per etica, società e politica (che poi erano le richieste del movimento di Comunità di Adriano Olivetti, azienda con la quale, non a caso, Sottsass collaborò per 30 anni.

Ovviamente, per sfortuna di noi posteri, quelle idee furono sconfitte, e non necessariamente per motivi solo economici, da una classe industriale che ha sempre ritenuto la ricerca estranea all'azienda.

Tradizione e modernità



A metà degli anni '60 l'Italia è a una svolta: ha i mezzi per fare un salto di qualità e ha ancora la possibilità di decidere se importare la modernità degli altri o cercare di produrre qualcosa di originale innestandolo sul tronco della nostra tradizione.

In almeno un campo la operazione gli riesce: il design italiano è inconfondibile e coniuga l'inevitabile aspetto di merce con il valore aggiunto della cultura artistica che è tuttora l'unica vera ricchezza del nostro paese.

Le opere di quegli anni finiscono nelle sale da museo di tutti i paesi e anche nelle case degli italiani negli anni successivi.



Nota: esempio tipico di cosa significhi modernità senza tradizione e che tutti gli italiani di quel periodo hanno conosciuto è la fòrmica, nome commerciale di un laminato plastico molto in voga in quegli anni e che si usava soprattutto nei mobili da cucina.

venerdì 5 giugno 2009

L'atomica cinese



Nel 1964 anche i cinesi hanno l'atomica e i russi proseguono i loro lanci spaziali inviando ben tre uomini nello spazio in una sola navicella.

Settimo: ruba un po' meno

E' il titolo del successo teatrale del 1964 della compagnia Dario Fo e Franca Rame (i precedenti sono Comica finale (1958), Gli arcangeli non giocano a flipper (1959), Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri (1960), Chi ruba un piede è fortunato in amore (1961), Isabella tre caravelle e un cacciaballe (1963)).
Lo spettacolo è, come al solito, fortemente critico nei confronti della corruzione e degli intrallazzi tipici della società italiana che però reagisce, come al solito, plaudendo a se stessa e divertendosi.

A fronte dell'aumento dell'IGE (oggi IVA) al 20% e della istituzione della tassa sui dividendi azionari (in realtà una sorta di condono: "cedolare secca") si registra la fiscalizzazione degli oneri sociali (altro regalo alle imprese), ma il raddoppio della carta da bollo (da 200 a 400 lire) e l'aumento della benzina a 120 lire al litro (70% di tasse).

Di conseguenza aumentano l'inflazione e l'evasione fiscale.

Nel frattempo il centro sinistra va avanti, anche se si registra una scissione della parte del PSI più vicina al PCI che fonda il PSIUP, favorendo con la sua uscita le tendenze di riunificazione di PSI e PSDI.

giovedì 4 giugno 2009

Tinto Brass, videoartista


I due video sono proiettati sul pavimento di uno spazio piramidale e riflessi in una serie di specchi che cercano di creare l'illusione dell'immersione totale dello spettatore. L'autore? Tinto Brass, evidentemente non ancora rapito dal genere erotico-goldoniano, se il tema di questi filmati del 1964 - commissionatigli da Umberto Eco - era Tempo libero/Tempo del lavoro. A riproporli nell'ambito del ciclo VideoAgorà è il Triennale Design Museum di Milano, che propone anche una conversazione fra lo stesso regista, Vittorio Gregotti e Gianni Canova. Brass, allora poco più che trentenne, lavorava all'epoca alla Cinémathèque Française di Parigi, dove stava realizzando un film di montaggio sulle rivoluzioni nella storia uscito poi con il titolo Ça ira - Il fiume della rivolta, presentato fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia del 1964.