mercoledì 29 settembre 2010

Uomini e lavoro alla Olivetti



In un precedente post abbiamo parlato dell'utopia olivettiana; il link del titolo fornisce aggiornamenti sul triste epilogo della vicenda.

Il video è estratto da un intervento di Francesco Novara, collaboratore storico di Adriano Olivetti, invitato dall' Università di Bologna il 1° dicembre 2004 (Novara è morto nel gennaio 2008).

Anche alla edizione 2010 del festival della letteratura di Mantova si sono potute ascoltare le voci di molti dei protagonisti di quella irripetibile età.

A chi volesse saperne di più, suggeriamo:

Uomini e lavoro alla Olivetti, F.Novara e altri (a cura di), Euro. 25,60

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1 commento:

  1. CAMILLO OLIVETTI. ALLE RADICI DI UN SOGNO
    di e con Laura Curino
    regia Gabriele Vacis
    produzione Ass. Cult. Le Muse

    Ivrea è oggi un Paradiso perduto. Finiti i tempi in cui si poteva incontrare Lana Turner al caffè, e Doris e Constance Dowling, che fece perdere il cuore e la vita a Pavese.

    I problemi di occupazione hanno incupito il volto della città che è stata la culla di un sogno urbanistico, industriale, culturale, civile, unico in tutta l’Europa. L’alluvione le ha anche smangiato a forza le rive della non più così cerulea Dora.

    Il ricordo di quello che la città era stata era come rimosso, dimenticato. E del resto la dimenticanza sembrava caduta in tutta Italia: chi parlava più di fabbriche belle, di città a misura d’uomo, di rispetto del territorio, di tecnologia al servizio del benessere?

    Chi si ricordava di un luogo dove pittori, artisti, poeti dirigevano un’azienda?

    Chi citava più un uomo, Adriano Olivetti, che aveva chiamato Le Corbusier per creare le case per gli operai, che costruiva fabbriche fra gli alberi, che aveva inventato l’urbanistica, il design, la psicologia del lavoro?

    Dov’era la sua casa editrice, che dopo la guerra pubblicò i testi di filosofia, psicologia, sociologia, architettura, fino ad allora proibiti dal fascismo?

    Chi aveva inventato la fabbrica che diventò la dimostrazione vivente, sana, solida e redditizia del fatto che il lavoro in fabbrica può non essere sinonimo di alienazione, inquinamento, malattia?

    Il mio lavoro su Olivetti è un tentativo di rispondere a queste domande, sollecitare la memoria, ma anche rinnovare le leggende che si raccontavano quei bambini prigionieri dell’altro modello di fabbrica, nelle lunghe giornate passate in colonia.

    Olivetti è la storia di Camillo, il pioniere, l’inventore, l’anticonformista capriccioso e geniale che fonda, agli inizi del Novecento, la prima fabbrica italiana di macchine per scrivere.

    Con l’aiuto di biografie, interviste, testi letterari (indispensabile mi è stata l’arguta descrizione che di lui fa Natalia Ginzburg in Lessico Familiare) ne ho ricostruito la vita, le figure che gli ruotano attorno, l’ambiente e le imprese.

    Ho poi affidato le voci narranti a due personaggi fondamentali della sua storia: la madre, Elvira Sacerdoti, e la moglie, Luisa Revel.


    Queste due donne, provenienti entrambe da una cultura di minoranza (ebrea la prima, valdese la seconda) sono state le protagoniste silenziose della formazione e della realizzazione del sogno olivettiano. Mi è sembrato giusto riportare la loro voce in primo piano, paradigma delle tante voci femminili che in quegli anni hanno costruito nell’ombra.

    E’ il racconto epico di un’avventura, e in quanto tale avvincente, pieno di colpi di scena, di prove da superare, di lotte, di amori, di eroi.

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