lunedì 24 agosto 2009

Crisi della rappresentanza

Il vento del sessantotto porta con sé le richieste della base di una rappresentanza diretta e questo mette in crisi le tradizionali forme di rappresentanza fino a quel momento che si rivendicano, anche al loro interno, più autonomia: accade così la definitiva scissione socialista dove ritornano PSDI e PSI; le Acli (Associazione cattolica lavoratori italiani) rifiutano il collateralismo con la DC; i sindacati dichiarano l'incompatibilità tra partito e sindacato, ponendosi così decisamente dall'altra parte della barricata.

Anche l'Azione Cattolica vara il primo novembre 1969 il nuovo statuto in cui privilegia le scelte religiose rispetto alla militanza politica, che, fino a quel momento era stata indiscusso appannaggio della DC; la stessa cosa fa la CISL che decide di porsi in opposizione al potere politico (che in tutti gli anni '60 era stato essenzialmente democristiano.

Anche sul fronte dell'opposizione si registrano scissioni: a livello internazionale aumentano le tensioni tra i regimi comunisti di Cina e Urss; a livello nazionale il 23 giugno 1969 esce "Il manifesto", i cui redattori vengono "scomunicati" dal comitato centrale del PCI; ma a sinistra c'era già Potere operaio e Lotta continua e non si contano le formazioni che nascono spontaneamente ogni giorno rivendicando l'autonomia della base dalle decisioni dei vertici.

Insomma, quello che la cronaca fa finta di ignorare è che il sentimento comune dei tempi era:"nessuno è autorizzato a dirmi quello che è meglio per me".

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