Prima di parlare del 1968, bisogna fare una premessa: più o meno dal 1984 viviamo in una specie di 1984 mediatico, dove la storia viene continuamente riscritta alla luce delle tesi che fanno comodo nel presente e questa arte viene coltivata anche nelle università, dove raramente la bibliografia di una tesi si spinge su testi vecchi più di dieci anni.
I protagonisti di quella stagione, i ragazzi dei '60, più o meno ci sono ancora, ma la memoria è selettiva e ciascuno tende a ricordare solo le cose che meglio si sposano con le sue attuali posizioni, quindi non me ne vogliano gli eventuali, rari lettori se qualcosa che dirò non sembra loro esatto o rilevante; in questo blog io mi limito a porre dei punti, come nel famoso gioco enigmistico, che ognuno potrà poi unire a piacere con i suoi personali, ottenendo immagini diverse.
Detto questo il primo dato rilevante è che questo fu un movimento assolutamente globale probabilmente perché le sue radici erano nella generazione nata in seguito a quel movimento altrettanto globale che era stata la seconda guerra mondiale; queste generazioni avevano visto crescere l'economia, il benessere e la cultura e si presentavano alla storia tutte allineate su di una ideale linea di partenza comune, per fare un mondo nuovo a loro immagine e somiglianza.
Chi vive oggi, anche se ha letto i post precedenti, non può immaginare il senso di unione generazionale e l'ingenuità con cui molti ci hanno creduto, che ovviamente, ha portato ai noti inganni e disinganni storici.
Si può semplificare dicendo che il pensiero comune, più o meno cosciente, sotteso al movimento era: ci sono i mezzi per cambiare il mondo (o almeno il modo di fare le cose) quindi facciamolo!
Un movimento quindi non organizzato, ma spontaneo, ingenuo, sincero, globale che non poteva farcela con i vertici di un sistema che era il suo esatto opposto e, come in una partita a scacchi, tutti i pezzi non coordinati di questa fazione furono eliminati (nel senso proprio del termine o incarcerati o comprati) uno dopo l'altro.
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