L'unica scultura monumentale dell'artista presente in Italia si trova nella città di Spoleto: si tratta del Teodelapio (scultura in acciaio verniciato di nero che ritrae un re longobardo a cavallo) che Calder realizzò nel 1962 per la mostra "Sculture nella Città" in occasione del Festival dei Due Mondi di quello stesso anno. È antistante la stazione ferroviaria ed è divenuta a tutti gli effetti uno dei simboli della città di Spoleto. Alta 18 metri, l'opera viene considerata la prima scultura munumentale stabile del mondo. Di fatto, le altre famose e grandiose sculture dello stesso autore (presente con le sue opere in città come Montreal, Chicago e Città del Messico) sono tutte successive. Il fatto che la scultura poggi direttamente sull'asfalto della piazza e che funga quasi da rotatoria atipica per i veicoli in partenza o diretti alla stazione ferroviaria, non è casuale: l'autore dell'opera, da sempre attratto ed affascinato dalla dinamicità, immaginò il Teodelapio immerso ed attraversato proprio dalla caoticità del traffico cittadino; in quest'ottica, tutta la piazza e tutti i veicoli che vi transitano, partecipano alla dinamicità della scultura. Altre opere dell'autore sono conservate alla Galleria Comunale d'Arte Moderna della stessa città Umbra.
Dal 23 ottobre 2009 al 14 febbraio 2010 una ampia personale dell'artista si può trovare al Palazzo delle esposizioni di Roma.
Al secondo piano, è allestita una sezione della mostra Calder, intitolata Alexander Calder nelle fotografie di Ugo Mulas, curata da Pier Giovanni Castagnoli per l’Archivio Ugo Mulas di Milano, in collaborazione con il quale il progetto è stato realizzato.
E’ esposta una selezione di circa ottanta immagini, tutte stampe ai sali d’argento su carta baritata, realizzate dallo stesso autore (vintage) risalenti agli anni 1963-1968, scattate nelle case-studio abitate dall’artista a Roxbury nel Connecticut o a Saché in Francia, ma anche in altri luoghi che videro la presenza di Calder o delle sue opere
Il grande fotografo italiano prematuramente scomparso (Pozzolegno, Brescia 1928 – Milano 1974), conobbe Calder nel 1962 a Spoleto, quando Giovanni Carandente lo chiamò a documentare la mostra Sculture nella città per la quale l’artista realizzò il grande Teodelapio, che in seguitò donò alla cittadina umbra. Da allora nacque una solida e in tramontata amicizia che diede origine a un formidabile corpus di fotografie, una parte delle quali venne pubblicata nel 1971 in un libro nato dalla collaborazione tra Ugo Mulas, il critico H. Harvard Arnason e lo stesso artista (U. Mulas e H- H. Arnason, Calder, Silvana editoriale arte, Milano 1971).
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