martedì 22 dicembre 2009

Pianeta fresco



Pianeta Fresco è una rivista che esce senza ordine di tempo, è finanziata privatamente, è diretta da Fernanda Pivano con l'appoggio culturale e morale di Allen Ginsberg, è disegnata da Ettore Sottsass con l'aiuto di amici, è stampata da Giovanni Lana, è spedita da Angelo Pezzana della Libreria Hellas di Torino ad altre librerie, amici e conoscenti, fa parte dell'Underground Press Syndicate (UPS) e pubblica traduzioni della Stampa Internazionale Underground o testi originali di Italiani che per loro decisione cosciente non si lasciano sopraffare dal consumismo delle Case Editrici o dalle politiche di potere dei Gruppi Letterari.
Il tema principale della rivista è la non violenza (nel suo significato più moderno, che prevede l'azione dimostrativa e non la passività inerte), invocata soprattutto nei potenti, nei governanti, nella Chiese e nelle strutture burocratiche.
Con non violenza dimostrativa la rivista auspica il disarmo universale, lo scioglimento delle caste militari e dei loro eserciti, la revisione degli schemi strutturali che basano la loro esistenza sul principio dell'autorità o sul principio dell'equilibrio di potere anziché sul principio generale della comunicazione, della collaborazione e dell'intesa.
Questo atteggiamento generale di sfiducia per il principio di autorità e per le tecniche politiche che lo realizzano porta con sé la necessità di trovare nuove metodologie che accelerino le possibilità della comunicazione e permettano un nuovo tipo di rapporto tra gli individui e dunque tra l'individuo e i gruppi. Interessano perciò la rivista le ricerche che riguardano le strutture psichiche e spirituali dell'individuo, le ricerche sui nuovi prodotti chimici che possono perfezionare o accelerare le percezioni, le ricerche dirette a ritrovare le originarie realtà e funzioni del linguaggio parlato, scritto e visto.
In tal senso Pianeta Fresco propone un tentativo di integrazione della scrittura con la sua esistenza figurativa al punto da considerare la rivista un oggetto riscattato da ogni staticità, e tuttavia intangibile, più che un semplice contenitore o un supporto di dati.
I pensieri e le ricerche di cui si parla fanno parte di correnti molto larghe e molto diffuse nei giovani di tutto il mondo (dell'Occidente e dell'Oriente), insoddisfatti della pseudocostruttiva dei metodi tradizionali a tutti i livelli, sia quelli di governo, sia quelli culturali, educativi e così via.


Fonte: Sergio Falcone

Sempre per la meritoria opera di Sergio Falcone, potete trovare le immagini dei due numeri usciti (il primo è del dicembre 1967) all'indirizzo: http://pianetafresco.blogspot.com/, autofinanziati da Fernanda Pivano e dal marito, l'architetto Ettore Sottsass con la collaborazione dagli USA di Allen Ginsberg.
La rivista, che veniva venduta abbinata ad una rosa, ovviamente non aveva fini commerciali, ma cercava di far conoscere anche la grafica tutta particolare di quel periodo della "controcultura" americana, cui poi la Pivano (Genova, 18 luglio 1917 – Milano, 18 agosto 2009) dedicò il suo libro "Beat Hippie Yippie" , Arcana, 1972.

Per completezza di informazione, mentre questo succedeva ai piani alti, quello che succedeva ai piani bassi (senza assolutamente voler dare un valore dispregiativo al termine) lo potete trovare in questo scritto di Melchiorre Gerbino, in occasione della nomina della Pivano a senatrice a vita.



Volantino pubblicato in «Pianeta Fresco», dicembre 1967. «La rivista» ha raccontato Fernanda Pivano, fondatrice della rivista insieme ad Ettore J. Sottsass «era uno shock grafico ma anche il contenuto non scherzava. C’era la poesia Con Chi Essere Gentili di Ginsberg […], c’era il Prajna Palamita Sutra in edizione trilingue (giapponese, inglese, italiana) alla quale lavorammo con Ginsberg quasi un mese […], una serie di slogans illustrati (per esempio un cimitero di guerra con la scritta: “Siano lodate le patrie, quelle sbagliate e anche quelle giuste”, una pagina bianca con una goccia di sangue sotto la scritta “Buon Natale” e sopra la didascalia: “Una goccia di sangue di quelli che saranno ammazzati nelle guerre giuste e ingiuste del 1968”».


Fonte:http://www.storicamente.org/07_dossier/sessantotto-casilio_link7.htm
Altamente consigliabile la lettura integrale di:
S. Casilio, Controcultura e politica nel Sessantotto italiano. Una generazione di cosmopoliti senza radici, «Storicamente», 5 (2009), http://www.storicamente.org/07_dossier/sessantotto-casilio.htm

martedì 15 dicembre 2009

Antropologia strutturale



Dalla solita Wikipedia, apprendiamo che:

Lévi-Strauss era già conosciuto nei circoli accademici ma, nel 1955, con la pubblicazione della sua opera "Tristes Tropiques" raggiunge un pubblico più vasto.

Tristi Tropici è essenzialmente un diario di viaggio nel quale egli annota le sue impressioni, frammiste a una serie di geniali considerazioni sul mondo primitivo amazzonico, che risalgono al periodo intorno al 1930 quando egli era espatriato dalla Francia.

L'opera di Lévi-Strauss viene presa in considerazione dall'organizzazione del Premio Goncourt, ma viene rifiutata con la giustificazione che "Tristes Tropiques" era una "non-fiction".

Nel 1959 egli diventa titolare della cattedra di Antropologia sociale presso il Collège de France.

Dopo qualche tempo egli pubblica "Anthropologie structurale" che comprendeva una collezione dei suoi saggi con esempi e teorie strutturaliste.
« Sono qui raccolti diciassette dei cento testi circa che ho scritto in quasi trent'anni. Alcuni sono andati perduti; altri possono benissimo rimanere nell'oblio. Tra quelli che mi sono apparsi meno indegni di sussistere, ho fatto una scelta, scartando i lavori il cui carattere è puramente etnografico e descrittivo, e anche altri, di portata teorica, ma la cui sostanza è incorporata nel mio libro Tristi Tropici. Pubblico qui per la prima volta due testi (i capitoli V e XVI), che, uniti ad altri quindici, mi sembrano adatti a chiarire il metodo strutturale in antropologia »


In quel periodo egli sviluppa un programma che comprende una serie di organizzazioni, come un Laboratory for Social Anthropology e un nuovo giornale, l'Homme, per poter pubblicare i risultati delle sue ricerche.
Il Pensiero Selvaggio [modifica]

Nel 1962 Lévi-Strauss pubblica quello che per molti venne ritenuto il suo più importante lavoro, "Pensée Sauvage".

Nella prima parte del libro viene delineata la teoria della cultura della mente e nella seconda parte questo concetto si espande alla teoria del cambiamento sociale.

Questa seconda parte del libro coinvolgerà Lévi-Strauss in un acceso dibattito con Jean-Paul Sartre riguardo alla natura della libertà umana.
Mitologica [modifica]

Ormai diventato una celebrità, Lévi-Strauss trascorre la seconda metà degli anni sessanta alla realizzazione di un grande progetto, i quattro volumi di studi dal titolo Mythologiques.

In esso, Levi-Strauss analizza un singolo mito seguendone le variazioni di gruppo in gruppo dall'estremità del Sud America attraverso l'America Centrale e Settentrionale, fino al Circolo Artico ed esamina, con una metodologia tipicamente strutturalista, le relazioni di parentela tra i vari elementi nella struttura sottostante invece di considerare il contenuto della storia in sé. Mythologiques è un esempio di analisi ampio e dettagliato (in quattro volumi); benché sia l'opera principale di Lévi Strauss questo libro è meno conosciuto del Pensiero Selvaggio.


Claude Levi Strauss è morto centenario il 30 ottobre del 2009, in questa occasione molti lo hanno ricordato; tra i tanti ne segnaliamo uno e anche una bella intervista dell'epoca della sempre benemerita RTSI.

martedì 1 dicembre 2009

Arte cinetica

Uno dei più conosciuti esponenti di questa corrente è Alexander Calder, le cui opere arrivarono in Italia con la Biennale di Venezia del 1960, ma l'artista ha fato anche sculture fisse.



L'unica scultura monumentale dell'artista presente in Italia si trova nella città di Spoleto: si tratta del Teodelapio (scultura in acciaio verniciato di nero che ritrae un re longobardo a cavallo) che Calder realizzò nel 1962 per la mostra "Sculture nella Città" in occasione del Festival dei Due Mondi di quello stesso anno. È antistante la stazione ferroviaria ed è divenuta a tutti gli effetti uno dei simboli della città di Spoleto. Alta 18 metri, l'opera viene considerata la prima scultura munumentale stabile del mondo. Di fatto, le altre famose e grandiose sculture dello stesso autore (presente con le sue opere in città come Montreal, Chicago e Città del Messico) sono tutte successive. Il fatto che la scultura poggi direttamente sull'asfalto della piazza e che funga quasi da rotatoria atipica per i veicoli in partenza o diretti alla stazione ferroviaria, non è casuale: l'autore dell'opera, da sempre attratto ed affascinato dalla dinamicità, immaginò il Teodelapio immerso ed attraversato proprio dalla caoticità del traffico cittadino; in quest'ottica, tutta la piazza e tutti i veicoli che vi transitano, partecipano alla dinamicità della scultura. Altre opere dell'autore sono conservate alla Galleria Comunale d'Arte Moderna della stessa città Umbra.


Dal 23 ottobre 2009 al 14 febbraio 2010 una ampia personale dell'artista si può trovare al Palazzo delle esposizioni di Roma.

Al secondo piano, è allestita una sezione della mostra Calder, intitolata Alexander Calder nelle fotografie di Ugo Mulas, curata da Pier Giovanni Castagnoli per l’Archivio Ugo Mulas di Milano, in collaborazione con il quale il progetto è stato realizzato.
E’ esposta una selezione di circa ottanta immagini, tutte stampe ai sali d’argento su carta baritata, realizzate dallo stesso autore (vintage) risalenti agli anni 1963-1968, scattate nelle case-studio abitate dall’artista a Roxbury nel Connecticut o a Saché in Francia, ma anche in altri luoghi che videro la presenza di Calder o delle sue opere

Il grande fotografo italiano prematuramente scomparso (Pozzolegno, Brescia 1928 – Milano 1974), conobbe Calder nel 1962 a Spoleto, quando Giovanni Carandente lo chiamò a documentare la mostra Sculture nella città per la quale l’artista realizzò il grande Teodelapio, che in seguitò donò alla cittadina umbra. Da allora nacque una solida e in tramontata amicizia che diede origine a un formidabile corpus di fotografie, una parte delle quali venne pubblicata nel 1971 in un libro nato dalla collaborazione tra Ugo Mulas, il critico H. Harvard Arnason e lo stesso artista (U. Mulas e H- H. Arnason, Calder, Silvana editoriale arte, Milano 1971).

venerdì 27 novembre 2009

Nel segno del Toro



Ci sono persone scomode che non accettano il mondo come è e cercano di migliorarlo suscitando ovviamente invidie e risentimenti (forse per questo anche la biografia di Ferruccio Lamborghini è tutta una sottolineatura di "senza fonte" per episodi che appartengono alla vulgata comune).

Chi vuole faccia un confronto con altre voci, dove affermazioni elogiative non vengono mai messe in dubbio, pur non essendo citata neanche lì nessuna fonte.

Al di là delle questioni di metodo, non c'è alcun dubbio che la Lamborghini Miura, presentata al salone di Ginevra nel 1966, è una vettura che anche oggi per le soluzioni tecniche ed estetiche adottate rimane una delle più ambite dream car mai prodotte (anche per la rarità: circa 5000 esemplari prodotti fino al 1972).

domenica 22 novembre 2009

Architetti e design



Del felice connubio tra industria e design negli anni '60 in Italia, abbiamo già parlato in un post precedente; molti designer provengono dall'architettura, ma diventano noti al grande pubblico per le loro produzioni di oggetti di consumo grazie all'apporto di industriali illuminati.

Carlo Scarpa, cui si riferisce il video, è uno di questi, come al solito apprezzato più all'estero che in Italia.

venerdì 13 novembre 2009

Paolo Poli



Ha compiuto 80 anni il 23 maggio ed è tuttora attivissimo sulle scene; riportiamo qui i suoi lavori teatrali nel periodo considerato, ma ha fatto anche televisione nel 1960 con Laura Betti nel ruolo di cantastorie nello sceneggiato Tutto da rifare pover' uomo, conduttore di Canzonissima nel 1961/62, e molti programmi per ragazzi.

# 1958 - Finale di partita, di Samuel Beckett
# 1959 - Sorveglianza speciale, di Jean Genet
# 1960 - Mamma voglio il cerchio
# 1960 - Il novellino
# 1962 - Il Diavolo
# 1963 - Paolo Paoli
# 1964 - Il mondo d'acqua, di Aldo Nicolaj
# 1964 - Il candelaio, di Paolo Poli e Ida Omboni da Giordano Bruno
# 1965 - Un Milione
# 1966 - Rita da Cascia
# 1967 - Il suggeritore nudo, di Filippo Tommaso Marinetti
# 1968 - La nemica, di D. Niccodemi
# 1968 - "Brasile" con Marco Messeri
# 1969 - Tito Andronico con Marco Messeri
# 1969 - La rappresentazione di Giovanni e Paolo
# 1969 - Carolina Invernizio

Noi duri



Muore proprio agli inizi degli anni '60 (2 febbraio 1960), Fred Buscaglione, che, grazie ai testi di Leo Chiosso, indica una sorta di via italiana al giallo, che stempera in una simpatica caricatura i luoghi comuni del genere.

Ma probabilmente la realtà era più simile a quella tratteggiata dallo scrittore Giorgio Scerbanenco, nei suoi romanzi di fine decennio cui si ispirarono poi tutti i giallisti nostrani e che furono ripresi dal cinema di genere poliziottesco.

mercoledì 28 ottobre 2009

L'ignoranza è forza

In Italia, sebbene fossero presenti in diverse università italiane alcuni importanti sociologi, la prima facoltà di sociologia venne aperta soltanto nel 1962 a Trento. Per la prima volta in Italia non solo si dedicava a questa scienza una facoltà a sé stante, ma si permetteva l'iscrizione anche a quegli studenti che avessero ottenuto il diploma presso un istituto tecnico.
Numerosi studenti arrivarono a Trento da tutta Italia, richiamati dalla novità degli insegnamenti proposti e da un titolo di studio che si presentava come uno strumento indispensabile per la comprensione delle moderne società complesse. La vivacità culturale data dall'incontro di studenti provenienti da tutto il paese portò l'Università di Trento ad essere uno dei centri della contestazione studentesca del '68 oltre che del movimento femminista italiano.
A Trento, ben presto, la Facoltà di Sociologia divenne un laboratorio teorico in grado di "svecchiare" la cultura accademica e politica italiana, attraverso i primi corsi su Marx, Charles Wright Mills, ma soprattutto sulla teoria critica francofortese con Adorno, Marcuse, Benjamin. Ed ancora, l'antropologia di Ruth Benedict, il sorgere del femminismo.
Alla cattedra di Istituzioni sedeva allora Francesco Alberoni che a Trento sviluppò e pubblicò la sua teoria dei movimenti collettivi in Statu Nascenti; mentre a Franco Fornari spettavano i corsi di psicoanalisi.

L'evoluzione della Facoltà di Sociologia di Trento è anche emblematica del ruolo che il sociologo occupava nell'immaginario collettivo italiano degli anni sessanta. Si riteneva che la sociologia, più che uno strumento di interpretazione scientifica della società, fosse in realtà uno strumento per il cambiamento della società stessa. (corsivo nostro).

In grado di unire una puntuale osservazione dei fenomeni sociali con una vocazione critica e trasformativa della società, Trento costituiva un territorio fertile per studenti impegnati politicamente, visionari, intellettuali e leaders politici.

A Trento si laurearono Alexander Langer, Mauro Rostagno, Marco Boato, Enzo Rutigliano, Paolo Sorbi, Pier Luigi Celli, Mara Cagol, vi insegnarono inoltre Norberto Bobbio, Beniamino Andreatta, Franco Ferrarotti, Achille Ardigò, Giorgio Braga, Ivan Illich, Romano Prodi, Mario Draghi, Gian Enrico Rusconi e Chiara Saraceno.
Nel maggio del 1965 gli studenti di quello che si chiamava ancora Istituto superiore di scienze sociali, occuparono per la prima volta la facoltà per protestare contro il progetto di trasformare l'Istituto in una facoltà di Scienze politiche autorizzata a rilasciare una laurea ad indirizzo sociologico. In quegli anni, chi era appositamente venuto a Trento per studiare sociologia, voleva ottenere una laurea in sociologia senza ulteriori caratterizzazioni che ne limitassero la peculiarità.


In seguito questo indirizzo fu seguito in molte città d'Italia, tra cui Bologna, e la sociologia iniziò il suo cammino, che seguì la progressiva involuzione della societa.



"La Neolingua era distinta da quasi tutte le altre lingue dal fatto che il suo vocabolario diventava ogni giorno più sottile invece di diventare più spesso. Ogni riduzione rappresentava una conquista, perché più piccolo era il campo della scelta e più limitata era la tentazione di lasciar spaziare il proprio pensiero. Si sperava, da ultimo, di far articolare il discorso nella stessa laringe, senza che si dovessero chiamare in causa i centri del cervello”.

George Orwell, 1984

lunedì 19 ottobre 2009

Autunno caldo



L'"autunno caldo" è quello del 1969, periodo di rinnovo di molti contratti dell'industria, preceduto dalle rivolte studentesche dell'anno precedente che lo avevano influenzato facendolo diventare non solo un momento di rivendicazione salariale, ma anche di richieste di egualitarismo e di antiautoritarismo.

Il che, in pratica, significava richiedere anche profondi mutamenti nell'organizzazione del lavoro e una rappresentanza diretta dei lavoratori (comitati di base) non mediati dai sindacati; ma l'unico sindacato che sembra recepire queste istanze è la CISL nel suo VI congresso del luglio 1969.

Il settore metalmeccanico è all'avanguardia nelle lotte, alle assemblee partecipano anche gli impiegati, gli scioperi articolati per comparti proseguono anche durante le trattative, il ministro del lavoro Donat Cattin interviene nella mediazione e accoglie gran parte delle rivendicazioni nel progetto di legge dello Statuto dei lavoratori; il contratto (che apre la strada a tutti gli altri) viene così siglato il 21 dicembre 1969.

domenica 4 ottobre 2009

Luca Ronconi



Il 4 luglio 1969, a Spoleto, in occasione del Festival dei due mondi debutta l'adattamento di Sanguineti di alcuni episodi dell'Orlando Furioso con la regia di Luca Ronconi.
La novità assoluta dell'impianto teatrale: l'azione è frammentata in diverse scene che si svolgono contemporaneamente in mezzo al pubblico, che può muoversi liberamente.

Le scenografie di Vittorio Ceroli, utilizzano ampiamente macchine teatrali che fanno volare sopra le teste degli spettatori un ippogrifo metallico e altri arredi scenici.
Lo spettacolo viene portato poi nelle piazze con grande successo.
Inutile dire che la versione televisiva del 1975 (da cui è tratto il video) ne snatura completamente il senso.

Il divorzio

All'inizio del giugno 1969 il progetto Fortuna-Baslini arrivò in Assemblea. Il dibattito subì vari rinvii per gli interventi ostruzionistici dei parlamentari democristiani. Si arrivò, così, al 10 novembre 1969 senza aver concluso nulla, per cui la LID decise di riprendere in mano la situazione, con un'iniziativa di Marco Pannella, il quale, insieme a Roberto Cicciomessere (segretario del PR) iniziò uno sciopero della fame davanti a Montecitorio, ottenendo l'impegno della D.C. ad una votazione entro la fine del mese. Infatti il 29 novembre la legge Fortuna venne approvata dalla Camera dei Deputati con 325 voti favorevoli e 283 contrari.


Solo l'anno dopo la legge fu varata da entrambi i rami del parlamento, contestualmente alle norme di introduzione del referendum abrogativo per la medesima.

C'è da dire che fu una battaglia di retroguardia: se la sinistra ortodossa era per "il libero amore", il mondo giovanile guardava alla "comune", sul modello hippy come alternativa alla famiglia tradizionale.

La convivenza era da scartare perché all'epoca i genitori non l'avrebbero consentito e così tutti finivano col scegliere la via più comoda e battuta.

sabato 3 ottobre 2009

Fallimento e fuga

Per inquadrare storicamente la vicenda si rimanda al link del titolo che prosegue così:

Giulio Riva morì in una clinica milanese a seguito di una banale operazione di appendicite. Quando passò ad altra vita il suo impero era costituito da 600 mila fusi di filatura e 150 mila di ritorcitura, perlomeno 10 mila telai e 15 mila dipendenti distribuiti su 2530 stabilimenti: decine di società commerciali e finanziarie controllate e collegate in Italia ed all'estero.



Ma non fu mai un industriale, un imprenditore, un manager nel senso proprio di tali termini. la sua fortuna economica gli derivò sopratttuto dalle manovre finanziarie, dalle operazioni di borsa, dove egli seppe sviluppare la sua intuizione. Senza mancare, tra l'altro, di commettere degli errori. Il più grosso fu quello di ritenere che il cotone avesse sempre un impiego prioritario. Non volle mai ascoltare chi gli diceva che il ruologuida in Italia, come in altri Paesi a grande sviluppo industriale, non sarebbe più stato dei tessili, ma della meccanica. « Macché! diceva. l'industria tessile, e particolarmente la cotoniera, sarà sempre il pilota dell'economia nazionale ». E così allargava sempre lo spazio del suo dominio acquistando altri stabilimenti, assorbendo altre industrie decotte, anziché ridimensionare quelle che già aveva. Un gigantesco complesso industrialefinanziario, che nel maggio 1960 venne improvvisamente a gravare sulle spalle di un inesperto venticinquenne: il figlio Felice.



“ Il Delfino del cotone “



Giova a questo punto la presentazione del giovane Riva sino al momento della assunzione del potere.

Dopo le scuole medie inferiori, frequenta il collegio « Leone XIII» di Milano, scuola privata per ragazzi di famiglia ricca, e si diploma ragioniere. Ragioniere e basta: secondo la tradizione che vuole i padroni ideali delle fabbriche tessili dei « ragiunat », perché questo è il tipo di studi che più si addice per dirigere le aziende. L'esperienza insegna. (Più tardi, come ho detto, il tiglio minore Vittorio sarà anche lui un ({ ragiunat »).

Di corporatura atletica come il padre, praticava vari sports: dall 'automobilismo di competizione (dilettanti), al tennis, allo sci e soprattutto al nuoto. Il papà lo lascia divertire per qualche anno dopo il diploma. In fatto di lavoro fin qui nulla. Compiuti i 24 anni il padre gli ordina: « Tu vai a Torino e stai là al C.V.S. Prima farai un po' di pratica negli stabilimenti, poi negli uffici ». A Felice abitare a Torino non piace, ma non ha scelta. È facile capire con quale entusiasmo lavorasse e con quanta solerzia. Il primo stabilimento del suo apprendistato fu, seguendo l'antica tradizione, quello di Perosa Argentina.

Ebbi più di una occasione di intrattenermi con lui. Il suo training procedeva lentamente e stancamente. Dormiva nella foresteria dello stabilimento. I suoi weekend a Milano erano sempre prolungati, intercalati da « scappate» durante la settimana. Credo non si rendesse neppure conto esatto delle proporzioni del suo potere economico.

Nonostante questa sua impreparazione il 18 maggio 1960, a venti giorni dalla morte di suo padre, Felice Riva entra nel Consiglio di Amministrazione che lo nomina subito Direttore Generale con pieni poteri. “Da questo momento il Consiglio di Amministrazione cessa, si può dire, di essere un organo volitivo e si limita ad approvare tutto ciò di cui viene informato quasi sempre a posteriori” : così scriveva il Curatore fallimentare nella sua relazione. Insomma Felice Riva, si può dire, non entra ma irrompe nel Consiglio di Amministrazione ed assume la direzione assoluta della società.



Come dissipare una fortuna



Per rendere l'idea della leggerezza che segna fin dall'inizio la nuova gestione, è interessante riferire che uno dei primi provvedimenti fu quello di variare di fatto la ragione sociale, senza peraltro svolgere la regolare pratica presso il Tribunale, previa deliberazione dell'Assemblea

degli Azionisti. « Tanto è lo stesso; si chiami" Cotonificio Valle Susa", che corrisponde meglio alla sigla C.V.S., ed eliminiamo la preposizione" di " » sentenzia.

Prosegue il Curatore Gambigliani Zoccoli nella sua relazione: « Viene posto in essere un massiccio programma di riammodernamento degli impianti, la cui imprudenza è stata ampiamente lumeggiata nel capitolo concernente le cause del dissesto; così viene deliberato di entrare in partecipazione in ben 34 costituende società per azioni; così vengono allontanati o si allontanano dirigenti di provata capacità per inserire giovani collaboratori, i quali, ammesso che fossero in possesso di tutte le qualità occorrenti, mancavano certamente dell'esperienza necessaria per condurre gli affari di un complesso di tanta importanza. Il 5 dicembre 1961 il ragioniere Felice Riva, ferma restando la sua qualifica di Direttore Generale, viene nominato Vice Presidente ed Amministratore Delegato e vengono rivoluzionate le cariche interne.

Il 9 ottobre 1962 l'Amministratore Delegato informa il Consiglio che alla fine del 1962 il Cotonificio avrà una capacità produttiva per ogni giorno lavorativo di 85 mila chilogrammi di filati e di 150 mila metri di tessuti. L'euforia, mentre l'azienda è già avviata su una pericolosa china ».


La storia prosegue con Felice Riva che diventa presidente del Milan, passa le vacanze sul suo yacht e nelle più esclusive località di villeggiatura e sempre meno in fabbrica: infatti è a St.Moritz nel gennaio del 1966 quando viene informato che il direttore del suo cotonificio "Valle Susa" si è sparato piuttosto che firmare altre 1580 lettere di licenziamento.

Arrestato nel gennaio 1969 per bancarotta fraudolenta, il 10 marzo fugge in Libano lasciando un buco di 14 miliardi di lire, con espatrio regolare, visto che il magistrato gli aveva restituito il passaporto.

Condannato in contumacia, usufruisce poi di vari condoni e amnistie e rientra in Italia nel 1982.

Ma la sua appare poco più di una marachella, confrontata alla attuale situazione, come si evince da questo intervento di Luciano Gallino

domenica 27 settembre 2009

L'isola delle rose






Stanco della burocrazia e amante della libertà, l´ingegnere
bolognese pensò di realizzare agli inizi degli anni Cinquanta uno
stato autonomo
dalla legislazione italiana, una sorta di S. Marino
o Città del Vaticano, galleggiante e con una propria lingua. I
lavori per la realizzazione di questa isola, che sarebbe sorta nelle acque
internazionali in direzione del porto di Rimini
,
cominciarono a metà degli anni Sessanta. Le attività di allestimento
della struttura furono ostacolate dalle difficili condizioni di operare
in mare aperto; nonostante tutto, il 1 maggio 1968, l´ingegner
Rosa potè brindare al suo nuovo stato libero: l´Isola delle Rose.
Nel giugno dello stesso anno, però, Rosa e tutte le persone che avevano
contribuito alla realizzazione dello stato galleggiante si videro
distruggere il sogno divenuto realtà.




Una lunga intervista all´ing. Giorgio Rosa, una carrellata di
fotografie inedite
scattate durante gli anni di realizzazione del
progetto, una serie di contenuti extra con altre curiosità e il
memoriale scritto dallo stesso Rosa, rendono il dvd "L´Isola
delle Rose" l´unico documento fino ad oggi prodotto

che descrive minuziosamente la nascita e la distruzione di questa
bizzarra impresa, realizzata grazie alla tenacia ed alla volontà di
credere nei sogni e nella libertà.


martedì 8 settembre 2009

Fotoromanzi

Negli anni 60 nascono tante nuove testate prestigiose alla Lancio: Letizia, Charme, Marina, Jacques Douglas, Lucky Martin, ecc., la Lancio addirittura vola a Parigi e a New York per realizzare alcune delle sue più famose produzioni. E' a questa casa editrice soprattutto che si deve la qualità di questo genere che ha appassionato milioni di lettori in tutto il mondo.

La Lancio nasce nel 1936 dall'indimenticabile Arturo Mercurio come società di pubblicità, da qui il nome Lancio (da lancio pubblicitario).

Sono solo canzonette canta Edoardo Bennato, ma la "canzonetta" piace a moltissimi e non può essere considerata un sottoprodotto culturale; la stessa cosa vale per i fotoromanzi, una lettura per lungo tempo considerata minore, in passato anche immorale e inadatta alle adolescenti dai cosiddetti benpensanti (gente che probabilmente non aveva sfogliato un solo fotoromanzo della Lancio), ma che ha acquistato una diffusione tale da non dover essere sottovalutata, un vero fenomeno culturale del ventesimo secolo che raggiungerà il suo apice negli anni '70.





Fantascienza


Abbiamo già parlato in un precedente post di fantascienza scritta, qui parliamo di fantascienza filmata negli anni '60 utilizzando la "Storia del cinema di fantascienza" di Claudia e Giovanni Mongini, uno dei maggiori esperti italiani del genere.



Tra gli innumerevoli film del decennio, citiamo solo quelli autoriali:
-La piccola bottega degli orrori, dall'omonima piéce teatrale;
- Gli uccelli di A.Hitchcock (1963);
- Il dr.Stranamore di S.Kubrick (1964);
-Agente Lemmy Caution, missione Alphaville di J.L.Godard (1965);
- Fahreneit 451, di F.Truffaut (1966);
-2001, odissea nello spazio di S.Kubrick (1968);
- Barbarella di R.Vadim (1968);
- Il pianeta delle scimmie di F.Schaffner(1968).

Come si vede il 1968 è stato anche un anno denso per il genere e non si deve dimenticare la serie televisiva Star Trek che ha visto i suoi esordi nel 1966.

lunedì 7 settembre 2009

Missione Apollo



In occasione del quarantennale ci sono state molte trasmissioni rievocative dello "sbarco" sulla Luna, ma proprio su Internet, trovate molte domande in proposito; addirittura un film ipotizzava che il tutto fosse stato ricostruito in studio.
Contro questa ipotesi c'è il fatto che i russi avevano una loro sonda in orbita nello stesso momento e non hanno smentito la notizia, anche se questo non è probante.

Vero è che le foto diffuse dalla Nasa sono state ampiamente ritoccate, così come il filmato di cui è stata fatta di recente una nuova versione a colori, essendo misteriosamente "sparito" l'originale.

Non mancano poi le tesi ufologiche che attribuiscono la non prosecuzione dei voli proprio alla presenza di alieni sulla Luna.

Comunque sia, ufficialmente per mancanza di fondi, il programma lunare fu abbandonato nel 1972 dagli USA e l'URSS continuò per un po' col "carotaggio" del suolo lunare, per poi dedicarsi alla tecnologia delle stazioni spaziali orbitanti.





giovedì 27 agosto 2009

Fabrizio De André



L'album del debutto è Tutto Fabrizio De André (1966, ristampato due anni dopo con il titolo di La canzone di Marinella sotto un'altra etichetta e riportando una diversa copertina), una raccolta di alcune delle canzoni che sino ad allora erano state edite solo in 45 giri, seguita da Volume I (1967), Tutti morimmo a stento (1968), Volume III (1968), Nuvole barocche (1969); quest'ultimo è la raccolta dei 45 giri del periodo Karim esclusi da Tutto Fabrizio De André


Curioso come siano numerosi in questa voce di Wikipedia le annotazioni "senza fonte", riservate di solito a quanto non "organico".

Fabrizio De Andrè, come ha colto Aldo Grasso, non a caso ligure anch’egli, sul Corriere della Sera, è stato il cantore della Morte. Della morte e anche dell’amore ma solo in quanto conduce a morte. De Andrè era affascinato, attratto ossessionato dal fantasma, sempre presente della morte e la “Nobile Signora” è protagonista in quasi tutte le sue canzoni, specialmente quelle del periodo giovanile: da “Inverno” (“Sale la nebbia dai camposanti”) a Marinella (lei scivolata nel fiume), alla “Ballata del Michè” (lui si è impiccato) a “Geordie” (sarà impiccato) a “Leggenda a Natale” (lui la seduce e lei ne muore) a “La ballata dell’amore cieco” (lui si uccide per lei, indifferente) a “La canzone dell’amore perduto” (“Ma più del tempo che non ha età siamo noi che ce ne andiamo”) a “La città vecchia” (“Ci sarà allegria anche in agonia col vino forte, porterà sul viso l’ombra di un sorriso anche fra le braccia della morte”) a “Si chiamava Gesù” (per la morte, senza resurrezione, di Cristo) a “La guerra di Piero” (“Ninetta mia crepare di maggio ci vuole tanto, troppo coraggio, Ninetta bella diritto all’inferno avrei preferito andarci d’inverno”) a “La ballata dell’eroe” (che è morto inutilmente) a “Fila la lana” (lui non tornerà dalla Crociata) a “Il re fa rullare i tamburi” (“La Regina ha raccolto dei fiori, la Regina ha raccolto dei fiori e il profumo di quei fiori ha ucciso la marchesa”) a “Caro amore” (“e il sole e il vento e i verdi anni si rincorrono cantando verso il novembre cui ci stan portando”) a “Delitto di paese”, a “Preghiera in gennaio” (per Tenco suicida e per tutti quelli che si son tolti la vita “perché dei suicidi non hanno pietà”) a “La morte”.


Massimo Fini

Battipaglia

La rivolta popolare del 1969

Il 9 aprile del 1969 si ebbero gravi incidenti a Battipaglia, al diffondersi della notizia della decisione di chiudere due aziende storiche come la manifattura dei tabacchi e lo zuccherificio. Per la città è una tragedia, dal momento che metà della popolazione vive su queste due fabbriche, sulle coltivazioni e sull'indotto. La chiusura di queste aziende significherebbe quindi disoccupazione e miseria. Vengono indette manifestazioni di protesta e cortei, e lo scontro con le forze dell'ordine è drammatico. L'assedio dei dimostranti diventa un attacco, e la polizia perde la testa e spara sulla folla uccidendo due persone: Carmine Citro, operaio tipografo di 19 anni, e Teresa Ricciardi, insegnante in una scuola media di Eboli, che viene raggiunta al petto da una pallottola mentre è affacciata alla finestra di casa sua. Le cariche della polizia si susseguono per tutto il pomeriggio, ed in tutto si contano 200 feriti (di cui 100 da arma da fuoco) fra i dimostranti, e 100 tra i membri delle forze dell'ordine. Il giorno seguente la gente scende in piazza inferocita, blocca ferrovie, strade e autostrade, dalle 17 alle 22 la città è in mano a tremila dimostranti, che devastano la stazione, incendiano il municipio, danno fuoco a duecento auto e poi assediano il commissariato di polizia e la caserma dei carabinieri. A Roma arriva invece la notizia che ci sono stati cinquanta morti e, temendo una insurrezione generale, viene subito trovato un accordo per la riapertura delle due aziende.


Da altre fonti risulta che Citro era studente-operaio e la Ricciardi aveva 26 anni; i poliziotti erano fuggiti aprendosi un varco verso i campi nei muri delle cantine della caserma e che i carabinieri furono accolti con applausi la mattina del 10.

Da leggere, per capire l'ambiente, "Cristo si è fermato a Eboli" (di cui Battipaglia era una frazione), di Carlo Levi, pubblicato nel 1945 da Einaudi.

Il documentario di Virgilio Sabel, del 1958, può essere richiesto a Teche Rai

lunedì 24 agosto 2009

La nuova Hollywood

E' stata un periodo breve (dal 1967 al 1975 circa) in cui la logica delle majors che puntavano tutto sugli attori e/o sui kolossal da botteghino è entrata in crisi e si sono fatti film "minimalisti" con attori allora giovani e sconosciuti e puntando sui registi (come in Europa) e su temi giovanili.

Al link del titolo trovate le principali novità in tema di rinnovamento dei generi e dei caratteri dei personaggi, oltre ad una filmografia minima
.
Tutti film meritevoli di essere visti, tra i quali spicca, nel 1969, Easy Rider un vero cult che ha in sé diversi archetipi:
-il mito del viaggio (Sulla strada di J.Kerouac, manifesto della beat generation);(1)
-il mito della California, contrapposto alla mentalità rurale dell'interno degli USA;
-il mito della motocicletta (ma quel particolare tipo di moto/chopper da contrapporsi a quella dei bulli alla Marlon Brando) come simbolo di libertà;
-e, ovviamente, spinelli a volontà (oggi non sarebbe considerato "politically correct).



E' difficile essere liberi quando ti comprano e ti vendono al mercato


1) Muore il 18 agosto 2009 Fernanda Pivano, massima divulgatrice in Italia della beat generation

Crisi della rappresentanza

Il vento del sessantotto porta con sé le richieste della base di una rappresentanza diretta e questo mette in crisi le tradizionali forme di rappresentanza fino a quel momento che si rivendicano, anche al loro interno, più autonomia: accade così la definitiva scissione socialista dove ritornano PSDI e PSI; le Acli (Associazione cattolica lavoratori italiani) rifiutano il collateralismo con la DC; i sindacati dichiarano l'incompatibilità tra partito e sindacato, ponendosi così decisamente dall'altra parte della barricata.

Anche l'Azione Cattolica vara il primo novembre 1969 il nuovo statuto in cui privilegia le scelte religiose rispetto alla militanza politica, che, fino a quel momento era stata indiscusso appannaggio della DC; la stessa cosa fa la CISL che decide di porsi in opposizione al potere politico (che in tutti gli anni '60 era stato essenzialmente democristiano.

Anche sul fronte dell'opposizione si registrano scissioni: a livello internazionale aumentano le tensioni tra i regimi comunisti di Cina e Urss; a livello nazionale il 23 giugno 1969 esce "Il manifesto", i cui redattori vengono "scomunicati" dal comitato centrale del PCI; ma a sinistra c'era già Potere operaio e Lotta continua e non si contano le formazioni che nascono spontaneamente ogni giorno rivendicando l'autonomia della base dalle decisioni dei vertici.

Insomma, quello che la cronaca fa finta di ignorare è che il sentimento comune dei tempi era:"nessuno è autorizzato a dirmi quello che è meglio per me".

lunedì 17 agosto 2009

La cinese

La cinese di Godard (1967)

La cinese, in cui l’occhio e l’orecchio di Godard si fermano sui giovani francesi, studenti e artisti, che cercano in Mao la terra promessa alle loro inquietudini d’adolescenti piccolo borghesi. Sono in cinque, e vivono in un appartamento che delle amiche hanno loro ceduto per le vacanze. Véronique è studentessa di filosofia, ed è quella che rimugina le idee con maggiore tormento; Guillaume è attore; si riempie la bocca di Brecht, ma vagheggia la sostituzione del teatro tradizionale con una forma di comunicazione diretta, consistente nell’andare a recitare le battute a domicilio, applicandole allo stato d’animo di chi viene ad aprire la porta; Henri studia chimica, e ha il cervello più inquadrato in schemi razionali; Kirilov, così chiamato perché somiglia al personaggio di Dostoevskij, fa il pittore; Yvonne, d’origine contadina, dopo aver battuto il marciapiedi pensando al sol dell’avvenire è venuta a fare da serva-compagna ai quattro intellettuali.
Tutti insieme hanno fondato una microcellula maoista. Tappezzati i muri di slogan, riempiti gli scaffali di libretti rossi con le massime auree, impiegano il tempo severamente, impartendosi lezioni di tecnica rivoluzionaria. Leggono ad alta voce i pensieri di Mao, ospitano un amico negro che predica l’applicazione del marxismo-leninismo al terzo mondo, distribuiscono il libretto per le strade. Qualcuno fa persino all’amore, ma questa è un’attività periferica, sospetta di deviazionismo borghese; al centro dei loro interessi c’è il dibattito ideologico, che si risolve in un mar giallo di chiacchiere e in pantomime antiamericane...


La cinese di Xiaolu Guo (2009)
Mei, una giovane cinese, decide di abbandonare la noiosa quotidianità del suo piccolo villaggio natale per la vicina città di Chongqing. Ma la vita cittadina non è meno difficile. Licenziata da una fabbrica di vestiti che l’aveva appena assunta, la ragazza rimedia un impiego in un salone da parrucchiere. Lì incontra Spikey, sicario della mafia locale. Se Mei è profondamente attratta da quest’uomo brutale, che non esita a chiederle di picchiarlo con un nunchaku in mezzo alla strada, per lui la ragazza è soltanto una conquista in più. Una sera Spikey rientra a casa coperto di sangue e muore sotto i suoi occhi. Mei trova alcune mazzette di banconote sotto il materasso e parte subito per Londra, dove ha l’opportunità di sposare mister Hunt, un uomo di settant’anni. Nel silenzio della casa del nuovo marito per lei comincia una vita nuova. Sarà soddisfatta di quella monotona quotidianità?
Scandito dalla colonna sonora originale di John Parish, realizzata in collaborazione con PJ Harvey e gli Eels, e da un’eloquente divisione in capitoli con titoli quali Sometimes you wonder who you really are oppure Mei feels love under the Big Ben calendar, il film di Xiaolu Guo è il ritratto di una donna che non esita ad affrontare una serie di dure prove nella speranza di un futuro più generoso. Per introdurci nell’universo emotivo della protagonista, la regista si serve di elementi naturali, come il caldo soffocante dell’estate, un’anatra brutalmente sgozzata, un cane sbranato da una volpe. Attraverso le peripezie e gli incontri di Mei, She, a Chinese parla anche della mescolanza delle culture in questi primi anni del XXI secolo, e del modo in cui gli esseri umani, gli stili di vita, gli oggetti di consumo o la musica valicano le frontiere. Benché nella sua esistenza questo meticciato generi un certo caos, Mei trova la forza di sfuggire all’isolamento e prosegue la sua fuga verso l’ignoto, secondo i propri desideri.

domenica 16 agosto 2009

Woodstock



Barnard Collier del New York Times, avrebbe raccontato che i redattori a New York lo incitavano a sottolineare i blocchi stradali, le sistemazioni improvvisate, l'uso di droghe fra i ragazzi, e la presunta aggressività di alcuni di loro.

Collier ha ricordato: "Ogni redattore, fino al redattore capo James Reston, insisteva perché il tono del reportage indicasse una catastrofe sociale in corso. Era difficile persuaderli che la mancanza di incidenti seri e l'affascinante cooperazione, premura e correttezza di così tante persone era il punto significativo. Ho dovuto rifiutarmi di scrivere quella storia se non avesse potuto riflettere in larga parte la mia convinzione di testimone oculare, che 'pace e amore' era la cosa davvero importante, non le opinioni preconcette dei giornalisti di Manhattan. Dopo molte telefonate acrimoniose, gli editors acconsentirono a pubblicare la storia come la intendevo, e benché aneddoti di ingorghi stradali e piccole illegalità fossero raccontati quasi all'inizio degli articoli, i miei pezzi erano permeati dall'atmosfera autentica di quella assemblea. Dopo che la descrizione della prima giornata comparve sulla prima pagina del [New York] Times, molti riconobbero che caso sorprendente e bello stesse avvenendo".

Ma benché l'atmosfera del festival fosse straordinariamente serena, si ha notizia di due decessi a Woodstock: uno probabilmente causato da un'overdose di eroina, e la morte accidentale di un partecipante che dormiva nel sacco a pelo, in un campo di fieno limitrofo, quando fu investito da un trattore.

Sembra anche che avvennero due nascite (in un'auto ferma nel traffico e in un elicottero) e quattro aborti spontanei.

domenica 9 agosto 2009

Palinsesto TV

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Qualche considerazione sul palinsesto di una settimana televisiva a caso del 1969 (trovate la scansione delle foto su flickr all'indirizzo soprariportato e potete lasciare anche i vostri commenti.

Nel 1969 vediamo già presente il secondo canale, le cui trasmissioni iniziano però solo in ore serali, la mattina sul nazionale è dedicata a trasmissioni scolastiche, il telegiornale delle 13 e 30 è un'acquisizione recente (1968), poi ancora trasmissioni scolastiche fino alle 17.

Qui una fascia per i più piccoli e poi la Tv dei ragazzi, documentari e rubriche di vario genere fino al telegiornale delle 20 e 30, Carosello alle 20 e 50 (ne parleremo più diffusamente); poi laprogrammazione serale: il classico film del lunedì, una commedia con Cesco Baseggio, il varietà del sabato sera con Caterina Valente, il teleromanzo la domenica (qui il famoso dr. Jekyll con Albertazzi).

Sul secondo, dibattiti su temi di attualità, uno spazio giovani, un secondo film, un po' di sport, un corso di inglese, Nero Wolfe con Tino Buazzelli e Paolo Ferrari e Settevoci con Pippo Baudo la domenica.

Ovviamente le private sono ancora di là da venire (arriveranno nel 1975) e siamo ancora rigorosamente in bianco e nero, la pubblicità è divisa in vari momenti della giornata con brevi spot dai 10 ai 40 secondi, con carosello che fa la parte del leone fino al 1977, quando le TV private ne decreteranno la morte.

Questa soluzione tutta italiana, perciò invisa alle agenzie filoamericane, prevede uno "spettacolino" di un centinaio di secondi e un "codino" pubblicitario di 30 secondi al massimo, per un totale di 2 minuti e 15 secondi moltiplicati per 4, poi 5 prodotti per serata senza mai repliche e a distanza di almeno una settimana l'uno dall'altro.

Questa formula permette una estrema varietà di soluzioni (si pensi adesso quante volte si vede lo stesso spot nel corso della stessa trasmissione) ed è inevitabilmente costosa visto che ogni settimana si deve mettere in cantiere un nuovo spot, il cui costo va a sommarsi ai circa due milioni di lire di allora per l'acquisto dello spazio.

Probabilmente anche per questo si ricorre alla soluzione più economica del cinema di animazione che conosce così la sua stagione migliore fornendo lavoro a diversi studi (Paul Campani a Modena, Guido De Maria a Bologna, Bruno Bozzetto e Toni Pagot a Milano).

Comunque sia, si tratti di animazione o di scenette con attori in carne ed ossa, è indubbio che l'immaginario collettivo italiano si unifica e si rafforza proprio attorno a questi archetipi sotto forma di sigle musicali, locuzioni verbali, situazioni topiche che hanno percorso interamente tutti gli anni '60.

sabato 8 agosto 2009

Riforma scolastica


universita di bondenocom Di fronte alle richieste provenienti dagli studenti, il governo sembra annaspare e stenta a produrre qualcosa di organico.
Il ministro della pubblica istruzione Gui presenta il decreto legge n.2314, bollato immediatamente dagli studenti come il "famigerato 2pigreco" che riprende la proposta della commissione Ermini e le proposte di Fiorentino Sullo che torna al governo nel 1968, come ministro della Pubblica Istruzione nel III Governo Rumor, ma si dimette dopo pochi mesi. Non disponendo di tempi tecnici per poter portare a compimento una riforma dell'istruzione secondaria e di quella universitaria, riesce ad adottare alcuni provvedimenti settoriali (nuovo esame di maturità, moltiplicazione delle sessioni di esame, possibilità di adottare dei piani di studio individuali, diritto di assemblea studentesca nelle scuole superiori, eccetera), in parte rimasti tuttora in vigore.
La legge vede la luce solo l'11 novembre 1969 col ministro Riccardo Misasi (allora istruzione e università erano riuniti sotto un unico dicastero) che aggiunge la liberalizzazione degli accessi all'università, quella dei piani di studio e la riforma "sperimentale" dell'esame di maturità.

Per capire la portata di questo provvedimento va considerato che all'epoca l'università italiana aveva circa 3000 professori di ruolo (i c.d. baroni a capo dei dipartimenti che si spartivano gli scarsi finanziamenti per la ricerca) governando su circa 7000 assistenti di ruolo e circa 4000 assistenti straordinari e incaricati.

L'OCSE, così descrive in un rapporto del 1969 la situazione dell'Università italiana:
« L'Università dispone di mezzi globalmente insufficienti, non solo per adempiere alla sua missione di insegnamento, ma soprattutto per far fronte ai suoi compiti di ricerca. Tenuto conto del numero attuale degli studenti e del prevedibile aumento degli effettivi e confrontando la situazione con quella di altri Paesi europei industrializzati, si può affermare che l'Università dispone soltanto di un terzo delle risorse necessarie per far fronte ai suoi impegni ».
« I testi legislativi e regolamentari che reggono l'Università sono stati elaborati in un'epoca in cui la ricerca era artigianale e concepita come il complemento dell'attività didattica. Nessun testo è intervenuto nell'epoca moderna per riorganizzare questo settore della ricerca scientifica. La conseguenza è una certa confusione ». « Si tratta di un settore molto vasto ed eterogeneo che comprende sia unità di ricerca moderne vicine all'optimum dimensionale, e di valore internazionale, sia centri poco o nulla organizzati nei quali la ricerca si sviluppa a livello individuale... Gli istituti sono diretti da un professore di ruolo che assicura la gestione amministrativa e la direzione scientifica. Ma gli istituti non sono dotati di personalità giuridica e di autonomia finanziaria; al massimo dispongono di autonomia contabile... In tali condizioni il direttore dell'istituto non dispone di alcun mezzo giuridico per lo sviluppo del suo centro di ricerca ».
« E' sorprendente constatare che il numero degli istituti è spesso superiore a quello dei professori titolari di cattedra, fatto questo che mette in luce la loro eccessiva dispersione ». « Anche la struttura della Università italiana e la mentalità degli amministratori sono responsabili di questa situazione. E' stato scritto severamente: "II sistema di cooptazione universitaria modella la mentalità dei professori, la conquista della cattedra è la meta finale che essi perseguono; questa conferisce loro uno spirito di disimpegno e di individualismo, il professore sì considera membro di una 'corporazione', nella quale è riuscito ad entrare dopo molte difficoltà; un istituto di ricerca è la dote che pretende; ...è una dote miserabile, ma permette al professore di esercitare la propria sovranità" ». « Solo un governo energico potrebbe modificare profondamente e rapidamente questa situazione, sopprimendo gli istituti meno efficienti; ci si scontrerà allora con violente opposizioni locali... Questa riforma sarà tanto più difficile a realizzarsi in quanto i professori universitari, divisi sull'opportunità e le modalità di questa riforma, non sono disposti a vedersi imporre dall'esterno profondi cambiamenti nell'ambito del loro statuto. Come è stato detto, essi costituiscono un potere nello Stato; il loro prestigio sociale, dovuto non solamente alla loro autorità intellettuale e alla loro libertà di spirito, ma anche alle numerose relazioni che essi intrecciano, al di fuori dell'università, nel mondo degli affari e specialmente della politica, è tale, che un governo, nell'occuparsi dell'Università, deve dar prova di grande autorità ».
Rapporti con l'industria privata
« Per ragioni che dipendono principalmente dalla mentalità delle parti in causa, la collaborazione tra industria e università è molto poco sviluppata. Nel 1963, l'l,7% delle spese di ricerca dell'insegnamento superiore è stato finanziato dalle imprese. Gli industriali sentono raramente il bisogno di rivolgersi agli istituti universitari. Se le loro imprese sono di dimensioni ridotte, essi non hanno interesse per la ricerca fondamentale e non sono, in ogni caso, mentalmente preparati a stabilire dei rapporti con l'università; se invece le loro imprese sono importanti, essi si sforzano di creare propri laboratori di ricerca e di associarvi, all'occasione, i professori competenti. I professori sono spesso sollecitati, a titolo personale, a dare consulenze alle grandi imprese private; ma in questi casi si tratta più che di una collaborazione università-industria a livello della ricerca scientifica propriamente detta, di un processo sociologico di unione tra due categorie della classe dirigente italiana: i professori universitari da una parte, e grandi capi d'industria dall'altra ».
Ricerca e insegnamento
« Non è esageralo affermare che l'Università italiana non ha ricercatori, poiché la maggior parte dei ricercatori universitari sono prima di tutto insegnanti; non spetta a noi pronunciarci in linea di principio sulle relazioni che dovrebbero intercorrere tra le funzioni dell'insegnamento e quelle della ricerca; possiamo soltanto osservare che questo dualismo di funzioni influisce sui temi e sui mezzi delle ricerche intraprese in questo quadro, ricerche che sono essenzialmente fondamentali e libere, quindi per loro natura difficili a programmarsi e ad articolarsi secondo la necessità dei settori produttivi ».
Il sistema di scelta dei professori « dà luogo inevitabilmente, come tutti i sistemi di reclutamento di questo tipo, ad un certo nepotismo, ad un maltusianismo, ad un conservatorismo spesso criticati... I professori titolari sono inamovibili. Essi sono autorizzati ad esercitare le funzioni pubbliche e privale corrispondenti alla loro competenza, ossia le funzioni di consulenza e le professioni libere corrispondenti alle discipline che insegnano (avvocato, architetto ecc.). Molti ritengono che questa situazione dia luogo ad abusi. Il titolo di professore universitario spesso corrisponde in pratica ad un diritto che il suo titolare non esercita ».

Fonte : Tempo illustrato 1 marzo 1969

La marea di studenti così "liberati" rifluirà massicciamente in una struttura inadatta ad accoglierli, anche solo fisicamente, e non in grado di fornire loro anche quella preparazione di base che la politica degli indirizzi almeno dava per scontata.

mercoledì 5 agosto 2009

Erotismo



Eroine di carta e icone erotiche si rincorrono nelle pagine dei giornali, nei libri fino a suggerire un nuovo modello di donna, a volte anche androgina, non più "bambola" nelle mani del maschio.

Tu mi fai girar
tu mi fai girar
come fossi una bambola
poi mi butti giù
poi mi butti giù
come fossi una bambola
Non ti accorgi quando piango
quando sono triste e stanca tu
pensi solo per te

No ragazzo no
No ragazzo no
del mio amore non ridere
non ci gioco più
quando giochi tu
sai far male da piangere
Da stasera la mia vita
nelle mani di un ragazzo no,
non la lascerò più

No ragazzo no
tu non mi metterai
tra le dieci bambole
che non ti piacciono più
oh no, oh no


Gli editori rispolverano classici come il Delta di Venere di Anais Nin, assieme a una pletora di pubblicazioni di basso livello con eroine sempre meno vestite.

Lo stesso Fellini, col suo Satyricon, si inserisce in questo filone che, negli anni '70, produrrà una serie infinita di varianti scollacciate della commedia all'italiana.

Angelica di Anne e Serge Golon



Favorita dalle edizioni pocket della Garzanti e dalle 5 trasposizioni cinematografiche dove viene impersonata da Michele Mércier, il personaggio di Angelica è un po' il contraltare femminile di James Bond.

Nata nel 1964 in terra di Francia, le sue avventure hanno il taglio del feuilleton aggiornato ai tempi che vogliono la donna attiva protagonista anche se le sue armi sono tipicamente femminili così come le sue ambizioni.

Quello che ne decreta il successo è il collocarsi al di fuori degli schemi angloamericani di dark-lady, assomigliando più alla nostrana Valentina di Guido Crepax o alle (da noi praticamente sconosciute) Jodelle e Pravda del fumettista belga Guy Peellaert (1934-2008), in cui sesso ed erotismo diventano una componente esplicita come mai prima era stato consentito.

sabato 1 agosto 2009

Unità sindacale

Nel dicembre del 1967 CGIL,CISL e UIL si accordano per chiedere unitariamente al governo una riforma pensionistica che preveda, al compimento dei 40 anni di attività lavorativa, una pensione pari all'80% della retribuzione media dell'ultimo triennio e proclamano per questo uno sciopero generale il 15 dicembre.

Sarà il primo di una serie di scioperi generali per una legge che sarà varata il 30 aprile 1969 che vede il sindacato cercare di assumere un ruolo centrale rispetto ai partiti che ormai sembrano invischiati in questioni interne di poco conto di fronte ad una base che chiede di "contare" di più nel paese e che troveranno espressione nel c.d. autunno caldo.

L'autunno caldo per definizione è la realtà di lotte sindacali operaie che si sviluppa a partire dall'autunno del 1969 in Italia. La grande mobilitazione sindacale, figlia del clima politico del Sessantotto, viene determinata dalla scadenza triennale dei contratti di lavoro, in particolar modo relativi alla categoria dei metalmeccanici.

In questo periodo le rivendicazioni salariali spontanee nelle grandi fabbriche si alleano alle agitazioni studentesche che reclamano un generalizzato "diritto allo studio" per tutti gli strati sociali. L'azione combinata del movimento degli studenti e degli operai costrinse il sindacato a recuperare la testa del movimento spontaneo.

I rapporti di forza, le tecniche di sciopero, l'astensione dal lavoro e dallo studio, le occupazioni di fabbriche e scuole coordinate da una nuova coscienza politica e partecipativa permise di formalizzare negli anni successivi conquiste sociali di rilievo, prima fra tutte lo Statuto dei lavoratori.


Oro e dollaro



In pratica il sistema progettato a Bretton Woods (1944) era un gold exchange standard, basato su rapporti di cambio fissi tra le valute, tutte agganciate al dollaro, il quale a sua volta era agganciato all'oro.

Gli accordi di Bretton Woods favorirono un sistema liberista, il quale richiede, innanzitutto, un mercato con il minimo delle barriere e la libera circolazione dei capitali privati. Quindi, anche se vi furono delle divergenze sulla sua implementazione, fu chiaramente un accordo per un sistema aperto.

Tutti gli accordi derivati direttamente o indirettamente da Bretton Woods non prevedevano un corretto controllo sulla quantità di dollari emessi, permettendo così agli USA l'emissione incontrollata di moneta, fatto contestato più volte da Francia e Germania in quanto gli USA esportavano la loro inflazione, impoverendo perciò il resto del mondo.

Nel marzo 1968, in previsione di una svalutazione del dollaro, ci sono massicce richieste di conversione di dollari in oro, che le banche centrali si erano impegnate a mantenere a 35 dollari l'oncia (31,1 grammi); enormi quantità d'oro escono dai forzieri per affluire nelle tasche dei privati e il prezzo sale a 44 dollari l'oncia, svuotando le riserve e svalutando di fatto il dollaro.

A questo punto il pool delle banche si scioglie e lascia libero il mercato di fluttuare secondo le richieste di mercato, impegnando solo le banche centrali a regolare le transazioni internazionali al valore standard dei 35 dollari/oncia.


Poi la guerra in Vietnam, che fa aumentare fortemente la spesa pubblica americana, mette in crisi il sistema: di fronte all'emissione di dollari e al crescente indebitamento americano, aumentano le richieste di conversione delle riserve in oro. Ciò spinge il 15 agosto 1971, a Camp David, il presidente statunitense Richard Nixon, ad annunciare la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. Le riserve americane si stavano pericolosamente assottigliando: il Tesoro americano aveva già erogato 90.000 tonnellate di oro. Nella gestione del Fondo Monetario Internazionale erano già operativi i Diritti Speciali di Prelievo con un valore puramente convenzionale di un diritto speciale di prelievo per un dollaro.

Arriviamo così ai giorni nostri in cui la variante è che si sta discutendo di un "paniere" di monete da sostituire al dollaro in queste transazioni virtuali.
Di fatto oggi il valore di ciascuna moneta è puramente convenzionale.

Il 4 giugno 1963, il presidente John Fitzgerald Kennedy (Brookline, 29 maggio 1917 – Dallas, 22 novembre 1963) firmò l'ordine esecutivo numero 11110 che dava al Ministero del Tesoro il potere "di emettere certificati sull'argento contro qualsiasi riserva d'argento, argento o dollari d'argento normali che erano nel Tesoro". L'ordine di Kennedy riportava in mano allo stato il potere di emettere moneta, senza doverla "chiedere in prestito" alla Federal Reserve. Complessivamente, Kennedy mise in circolazione banconote per 4,3 miliardi di dollari garantite da riserve in argento. Kennedy scelse come riserva monetaria l'argento. La moneta nel progetto di Kennedy aveva costo zero per lo Stato (invece che indebitarsi verso la FED) in quanto i certificati d'argento erano dollari USA, non obbligazioni sulle quali lo Stato pagava gli interessi. Viceversa la moneta della FED era prestata al Governo applicando un tasso di interesse. Diversamente dalla moneta della FED, era poi una moneta convertibile. Con il provvedimento, il Tesoro statunitense tornava ad emettere moneta come era avvenuto dalla fine della guerra di secessione fino agli anni '30, prima della costituzione della Federal Reserve.

giovedì 30 luglio 2009

Teorema



Nato come libro e poi trasposto in film, Teorema è indubbiamente l'opera cinematografica che meglio riflette lo spirito dell'anno, anche se non bisogna dimenticare Nostra Signora dei Turchi (nata come opera teatrale di Carmelo Bene) e Galileo di Liliana Cavani, entrambi presentati a Venezia scossa da una turbolenta contestazione partita già in occasione della Biennale d'arte contemporanea.

La reazione



Mentre l'attenzione dei media è puntata sulle proteste, la reazione è pronta e immediata: in Italia e altrove la polizia sgombera le università occupate dando luogo a violenti scontri (alla Cattolica di Milano, a Valle Giulia a Roma, alla Columbia University a New York, alla Sorbona a Parigi).

Proprio a Parigi il 30 maggio, i gollisti sfilano sui Champs Elisées, De Gaulle scioglie le camere e a giugno ottiene una maggioranza schiacciante.

Il 3 aprile a Memphis è assassinato Martin Luther King, 50.000 soldati sono mandati ad arginare la rivolta nei ghetti neri; il bilancio è di 46 morti, 21.000 feriti, 2600 arresti.

Robert Kennedy, che ai funerali di M.L.King, aveva esortato alla non violenza e alla riconciliazione, viene ucciso il 5 giugno a Los Angeles, proprio mentre si apprestava a vincere la candidatura democratica alla presidenza, che andrà, a novembre, al repubblicano Richard Nixon.

Anche la Chiesa Cattolica chiude alle aperture sperate dopo il concilio Vaticano II: il cardinale Lercaro, vescovo di Bologna, viene fatto dimettere, i cattolici di base che occupano chiese e cattedrali assieme ad alcuni preti in nome di una Chiesa più attenta ai bisogni dei poveri, vengono destituiti.

Il 20 ottobre Jacqueline Lee Bouvier, vedova di John Kennedy, sposa l'armatore greco Aristotele Onassis, uno degli uomini più ricchi del mondo; in Italia l'Agha Kan Karim fonda il consorzio della Costa Smeralda con lo scopo di trasformare quella zona della Sardegna in un centro turistico di lusso.

Il 2 dicembre, ad Avola, la polizia interviene duramente in occasione di uno sciopero bracciantile e due dimostranti vengono uccisi e altri feriti; sull'onda dello sdegno, tutte le loro richieste vengono prontamente accolte, tra le altre l'aumento del 5-7% della paga giornaliera, per un totale di L.3780.

giovedì 23 luglio 2009

Jan Palach

Nel 1968 persino i colpi di stato si ammantavano di "progressismo", come quello del Generale Juan Velasco Alvarado che nazionalizzò senza indennizzo le compagnie petrolifere statunitensi, fu autore di una riforma agraria, estese il limite delle acque territoriali peruviane e stabilì relazioni diplomatiche con i maggiori stati comunisti.

In Vietnam continua la guerra con una fase favorevole ai Vietcong che, con l'offensiva del capodanno (fine gennaio), arrivano fino alle porte di Saigon e il contraccolpo è la rinuncia di Lindon Johnson a ricandidarsi alla presidenza degli USA.

Ma l'evento internazionale dell'anno con le maggiori ripercussioni anche in Italia è la cd. "Primavera di Praga":
Le riforme politiche di Dubček, che egli stesso chiamò felicemente "Socialismo dal volto umano", in realtà non si proponevano di rovesciare completamente il vecchio regime e allontanarsi dall'Unione Sovietica: il progetto era di mantenere il sistema economico collettivista affiancandovi una maggiore libertà politica (con la possibilità di creare partiti non alleati al partito comunista), di stampa e di espressione.

Come già successo nel 1956 in Ungheria, i carri armati sovietici ristabilirono l'ordine.

Il 1968

Prima di parlare del 1968, bisogna fare una premessa: più o meno dal 1984 viviamo in una specie di 1984 mediatico, dove la storia viene continuamente riscritta alla luce delle tesi che fanno comodo nel presente e questa arte viene coltivata anche nelle università, dove raramente la bibliografia di una tesi si spinge su testi vecchi più di dieci anni.
I protagonisti di quella stagione, i ragazzi dei '60, più o meno ci sono ancora, ma la memoria è selettiva e ciascuno tende a ricordare solo le cose che meglio si sposano con le sue attuali posizioni, quindi non me ne vogliano gli eventuali, rari lettori se qualcosa che dirò non sembra loro esatto o rilevante; in questo blog io mi limito a porre dei punti, come nel famoso gioco enigmistico, che ognuno potrà poi unire a piacere con i suoi personali, ottenendo immagini diverse.
Detto questo il primo dato rilevante è che questo fu un movimento assolutamente globale probabilmente perché le sue radici erano nella generazione nata in seguito a quel movimento altrettanto globale che era stata la seconda guerra mondiale; queste generazioni avevano visto crescere l'economia, il benessere e la cultura e si presentavano alla storia tutte allineate su di una ideale linea di partenza comune, per fare un mondo nuovo a loro immagine e somiglianza.
Chi vive oggi, anche se ha letto i post precedenti, non può immaginare il senso di unione generazionale e l'ingenuità con cui molti ci hanno creduto, che ovviamente, ha portato ai noti inganni e disinganni storici.
Si può semplificare dicendo che il pensiero comune, più o meno cosciente, sotteso al movimento era: ci sono i mezzi per cambiare il mondo (o almeno il modo di fare le cose) quindi facciamolo!
Un movimento quindi non organizzato, ma spontaneo, ingenuo, sincero, globale che non poteva farcela con i vertici di un sistema che era il suo esatto opposto e, come in una partita a scacchi, tutti i pezzi non coordinati di questa fazione furono eliminati (nel senso proprio del termine o incarcerati o comprati) uno dopo l'altro.

mercoledì 22 luglio 2009

Il primo trapianto di cuore


Il primo trapianto di cuore umano al mondo viene effettuato il 3 dicembre 1967: l'operazione è condotta da Christiaan Barnard, assistito dal fratello Marius ed un team di una trentina di persone (nel quale era presente anche Hamilton Naki[2]). Dopo 9 ore in sala chirurgica il cuore della defunta Denise Darvall viene impiantato nel corpo di Washkansky e funziona regolarmente.

La sensazionale notizia fa il giro del mondo in poche ore: Barnard diventa l'uomo del momento.

Passato l'entusiasmo il problema del trapianto diventa adesso l'eventuale rigetto. Dopo una settimana in cui le condizioni di Washkansky sembrano buone il 9 dicembre i globuli bianchi nel sangue diminuiscono, il 15 la diagnosi: polmonite doppia, indotta dai farmaci immunosoppressivi che stava assumendo il paziente. Tra il 16e il 20 dicembre le condizioni di Washkansky si fanno gravissime, la polmonite non è curabile. [1] La notte del 21 dicembre 1967 Washkansky muore, dopo diciotto giorni dal trapianto.

Comunque, nonostante il primo paziente con il cuore di un altro essere umano fosse sopravvissuto poco più di due settimane, l'operazione di Barnard costituisce una pietra miliare per la chirurgia, sopratutto in ottica di allungamento della vita, sostituendo un organo vitale come il cuore.

Barnard in pochissimo tempo diventa una stella internazionale, ed è celebrato in tutto il mondo: il suo viaggio in America con la moglie diventa un vero e proprio trionfo mediatico, tra partecipazioni a show televisivi, incontri nelle università e con politici e scienziati.


Una curiosità: anche il dott.Enzo Jannacci seguì un corso di perfezionamento in cardiochirurgia a Città del Capo.

Lettera ad una professoressa

Esce nel maggio 1967 il libro cardine della contestazione scolastica, continuamente citato (non sempre a proposito) e fortemente avversato al suo apparire, così come fortemente avversato fu il suo "autore" che morì poco dopo.
Sulla figura di Don Milani si sono accumulate in questi 40 anni centinaia di opere; un buon punto di partenza potrebbe essere la puntata de "La storia siamo noi" di Rai educational Il ribelle ubbidiente, a lui dedicata.

I film del 1967



Con Bella di giorno Bunuel vince il Leone d'oro a Venezia e consegna alla storia del cinema una figura di donna proverbiale quanto innovativa; ma il 1967 è un anno ricco di felici esperimenti: La Cina è vicina di Bellocchio, A ciascuno il suo di Elio Petri, La cinese di J.L.Godard, I sovversivi dei fratelli Taviani.

Desta curiosità e inaugura un nuovo filone (quello ginecologico) il film Helga che si propone intenti educativi indubbiamente non di valore cinematografico, ma indice di un cambiamento di costume.

domenica 12 luglio 2009

Il Living Theatre



Arrivato in Italia nel 1961, il Living Theatre ha recitato in centinaia di paesi, piccoli e grandi, spesso in luoghi (cantieri, scuole, strade...) e contesti poco usuali. La compagnia ha portato così al pubblico italiano opere che hanno cambiato la fisionomia del teatro moderno, in cui predomina la ricerca collettiva degli attori e delle attrici e l'interazione creativa con il pubblico presente. Complessivamente, il Living Theatre ha rappresentato più di 80 produzioni, recitate in diverse lingue e in 25 paesi. Il gruppo lavora sempre in maniera autonoma e collettiva, con la direzione di Judith Malina e di Hanon Reznikov (mancato nell'Aprile 2008), subentrato nel 1985 a Julian Beck, dopo la scomparsa di quest'ultimo. Dal 1999 al 2004 la sede europea del Living Theatre è stata presso Rocchetta Ligure, in val Borbera in Piemonte.

Il filmato non rende giustizia a questa compagnia teatrale che solo dal vivo sapeva comunicare allo spettatore un senso di appartenenza e una carica rivoluzionaria tipica di quegli anni.
Parlano, non sempre appoggiandosi alla struttura portante di un racconto, del male di vivere della società contemporanea, della violenza che la permea, degli arbitrii e dei soprusi del potere. Cercano di restituire al teatro la sua funzione di momento privilegiato, rituale, della collettività, riallacciandosi cosi alle sue origini e gettando le basi per una sua rifondazione: e ottiene questo rimettendolo in contatto diretto, di pelle, con le ossessioni, le speranze, le paure del quotidiano. Il teatro diviene così, almeno nelle intenzioni, il luogo della coscienza collettiva, la tribuna di un discorso rivoluzionario, lo specchio di un'epoca, la sede della catarsi, la possibile prefigurazione di un mondo nuovo. Confluiscono in questi spettacoli il messianismo ebraico, le inquietudini dell intellighenzia newyorkese di questi anni, le prospettive utopi-che che sottendono le rivolte giovanili del periodo. Tutto un pubblico, in buona parte giovane, si sente per la prima volta non più testimone passivo di un fatto estetico, ma ne diventa realmente partecipe, lo vive insomma di persona. In Italia il Living suscita imitazioni volonterose e adesioni entusiaste, ma porta soprattutto in primo piano una volontà di rinnovamento del teatro che già si è manifestata negli ardimentosi e irrequieti esperimenti delle cosiddette cantine romane, e contribuisce a creare intorno a essa una rete di consensi. Scarsa è tuttavia la sua influenza diretta sulle personalità più rilevanti di questo movimento, che sono Carmelo Bene. Mario Ricci. Carlo Quartucci e Leo De Berardinis. Accomuna costoro il rifiuto del teatro cosi com è. il desiderio di rimetterne in discussione tutti gli elementi linguistici, il richiamo alle potenzialità delle avanguardie storiche. il contatto diretto con le esperienze più avanzate delle arti figurative, la passione di sconcertare e spiazzare lo spettatore offrendogli eventi la cui fruibilità passa attraverso una disponibilità non soltanto mentale. Gli esponenti più significativi di questo "nuovo teatro si riuniscono a convegno a Ivrea nel giugno 1967. Per la prima volta si pone un'alternativa alle concezioni teatrali dominanti. Ma è un inizio. Appare chiaro che da questo momento in avanti il teatro non potrà più essere la stessa cosa: sono aperte le porte agli esperimenti più arditi. Ettore Capriolo

Adriano Celentano

In realtà Adriano Celentano nasce musicalmente negli anni '50 al Santa Tecla di Milano dove si esibisce con i Rock Boys, ai quali si aggiunge, nel 1956, il pianista Enzo Jannacci proveniente dai Rocky Mountains (il gruppo che accompagna Tony Dallara), e che è stato presentato a Celentano da Pino Sacchetti, saxofonista amico di Jannacci che entra anch'esso nel gruppo. In questi primi spettacoli Celentano mischia alle canzoni intermezzi di cabaret (con l'imitazione di Jerry Lewis) e di ballo: lascia ai musicisti lo spazio per suonare, mentre lui balla in maniera dinoccolata e snodata.

Celentano conosce anche un ballerino, Alberto Longoni, che si esibisce con il nome d'arte di Torquato il Molleggiato (anni dopo diventerà famoso come Jack La Cayenne), e spesso lo porta con il gruppo durante le esibizioni: un giorno, annunciato in cartellone, Longoni non si presenta ad una serata perché bloccato dalla Polizia, e Celentano balla al suo posto, diventando lui Il Molleggiato.

Ma, come sappiamo, la sua carriera arriva fino ai nostri giorni e del 1960 è il suo primo 33 giri. A febbraio del 1961 Celentano deve partecipare al Festival di Sanremo, ma è militare: c'è bisogno di una dispensa speciale, che viene firmata dall'allora ministro della difesa, Giulio Andreotti.
Adriano Celentano al festival di Sanremo 1961 volta le spalle al pubblico

Al festival Adriano ritrova il vecchio amico Little Tony, ed è in coppia con lui che presenta Ventiquattromila baci (canzone che, come Il tuo bacio è come un rock, è stata scritta da Pietro Vivarelli e Lucio Fulci su una musica di Celentano); Adriano scandalizza il pubblico voltandogli le spalle, e girandosi solo dopo il cambio di tempo dell'orchestra, ma la sua "Ventiquattromila baci" arriva seconda (vince Al di là, cantata da Luciano Tajoli e Betty Curtis), pur vendendo nelle settimane successive mezzo milione di copie.

Il primo maggio 1962 viene pubblicata "Stai lontana da me" (musica di Bacharach, testo di Mogol), canzone con cui nasce ufficialmente il Clan Celentano, e con cui Celentano partecipa al Cantagiro; in questa manifestazione, pur in testa, si ritira a causa di un presunto incidente al piede e salta alcune tappe ma, nonostante ciò, vince ugualmente, e la vittoria contribuisce al successo del 45 giri (disco tris che contiene anche Sei rimasta sola e Amami baciami), che vende un milione e trecentomila copie.[8]

Il Clan è molto più di una casa discografica: è una sorta di comune artistica in cui Celentano, che in quel periodo vende centinaia di migliaia di copie per ogni 45 giri, riunisce parenti (come il nipote Gino Santercole o la fidanzata dell'epoca Milena Cantù) e vecchi amici come Ricky Gianco, Miki Del Prete, Luciano Beretta, i Ribelli, Detto Mariano.

Contemporaneamente si dedica alla ricerca di nuovi talenti: ricontatta il vecchio amico e compagno nei Rock Boys, Ico Cerruti, che incide alcuni 45 giri, chiama il suo amico conosciuto durante il servizio militare, Detto Mariano, come arrangiatore ufficiale, e mette sotto contratto giovani sconosciuti come Don Backy, Pilade, Natale Massara, Ugolino; spesso questi artisti vengono fatti incidere con pseudonimi (Don Backy si chiama in realtà Aldo Caponi, Pilade è Lorenzo Pilat, Ugolino si chiama Guido Lamberti), e anche Gianco, finché incideva per la Ricordi, usava il suo vero cognome (Ricky Sanna).

La Jolly non accetta però la decisione di Celentano, e se da un lato lo denuncia per inadempienze contrattuali e rottura del contratto stesso (chiedendogli un risarcimento di 495 milioni di lire, poiché il contratto sarebbe scaduto il 30 aprile del 1962), da un altro continua a pubblicare su 45 giri canzoni che l'artista aveva registrato ma che erano rimaste inedite, facendo così concorrenza alle pubblicazioni del Clan: così, pochi giorni prima di Stai lontana da me viene pubblicato "Veleno" un 45 giri con etichetta Caramba (lo stesso nome che Celentano voleva dare alla sua casa discografica) seguito da Si è spento il sole, brano sullo stile di Frankie Laine che riscuote un buon successo, tra Pregherò e Il tangaccio la Jolly diffonde nei negozi A New Orleans, e stampa e distribuisce addirittura un LP con alcuni 45 giri e qualche inedito.

La causa con la Jolly terminerà solo nel marzo del 1965, con la vittoria del Molleggiato che verrà quindi assolto dall'accusa e non dovrà pagare alcuna penale. L'esperienza del Clan dura però appena sei anni, uccisa dagli atteggiamenti dispotici del leader, da infiniti problemi contrattuali e anche dalle ambizioni di successo personale dei singoli artisti: in alcuni casi come Ricky Gianco o i Ribelli il distacco è indolore, mentre in altri si accompagna a processi e sentenze, ed è questo il caso di Don Backy. Da questo momento il Clan di fatto (tranne pochissime eccezioni) si limita a distribuire i dischi di Celentano.

Nel frattempo è entrato nel Clan come autore (presentato da Roby Matano de I Campioni) un giovane avvocato astigiano, Paolo Conte: il suo debutto per Celentano si ha nel 1966 con la canzone inserita come retro di Il ragazzo della via Gluck, intitolata Chi era Lui (il testo di Mogol e Del Prete parla di Gesù), con le tipiche atmosfere pianistiche che in seguito identificheranno le canzoni di Conte.

L'avvocato scrive poi (in collaborazione con il maestro Michele Virano, suo concittadino) le musiche dei due successi degli anni successivi: il primo è La coppia più bella del mondo del 1967, dove il testo di Beretta e Del Prete elogia il matrimonio e la vita di coppia con gli ormai consueti toni predicatori (che si attirano le accuse di antidivorzismo), mentre la musica si trasforma da un'introduzione lenta ad un valzerone da balera.
Il secondo brano, del 1968, è Azzurro: qui la musica, non definibile (non è un rock, non è un lento, non è una ballata, non è un liscio) e senza dubbio originale, si abbina ad un testo che Vito Pallavicini pare aver scritto su misura per Celentano, in quanto racchiude tutte le sue tematiche (dall'amore all'ecologia alla religione) unite dalla cornice del celebre ritornello.

Paolo Conte, che pubblicherà il suo primo album solo nel 1975, dirà in quell'occasione che quando scrive canzoni pensa sempre a Celentano "perché è l'unico cantante che, quando canta, continua a parlare l'italiano e non quella assurda, stereotipa, mielosa lingua che serve a far rima tra cuor e amor".

Fonte Wikipedia :http://it.wikipedia.org/wiki/Adriano_Celentano



Nel film si riconoscono anche Betty Curtis e Tony Dallara